È arrivato il momento, il momento di recensire un film di supereroi, un cinefumetto… che però non viene da un fumetto! Oggi vi consiglio Darkman un film del 1990 scritto e diretto da Sam Raimi (quello dei tre Spiderman, per intenderci) e coronato dalle inconfondibili musiche di Danny Elfman.
Lo scienziato Peyton Westlake (Liam Neeson) sta svolgendo degli esperimenti su una pelle sintetica che però ha il difetto di durare solo 99 minuti. La sua compagna Julie Hastings (Frances McDormand) rinviene un documento che prova che il costruttore Louis Strack (Colin Friels) ha accordi criminosi con la malavita della città. Infatti è in affari con Robert G. Durant (Larry Drake), un sadico lord del crimine che con la sua spietata banda di criminali fa esplodere il laboratorio di Peyton credendo di ucciderlo. Invece viene ritrovato sulla riva del fiume sfigurato dalle ustioni profonde senza essere riconosciuto. Da qui si muove il suo cammino con unico fine la vendetta.
Il protagonista, mosso da una rabbia che non riesce a controllare, agisce d’istinto e, senza troppi scrupoli, si ritrova ad uccidere molte vite umane. Tutto questo era impensabile per Peyton, onesto cittadino, ambizioso scienziato innamorato di Julie.
Mano sintetizzata (sinistra), mano ustionata (destra) animate in stop motion
Fin qui nulla di nuovo e allora perchè consigliare questa pellicola? Ovviamente per come è trattata la vicenda. Mi spiego meglio: il supereroe è di per sè una figura che è frutto di immaginazione e non si può pretendere che lo si accolga in maniera realista ma chiede uno sforzo di fantasia. Il film non si prende mai sul serio, sono soventi battute di humor nero (di cui io sono un grande amante) e capitano vicende alquanto bizzare alle quali non servono troppe spiegazioni e lo spettatore, se perspicace, non se le deve nemmeno aspettare. Il villain della storia non è un uomo dai poteri divini, ma un imprenditore mafioso che è una figura più che terrena. Strack: "Io distruggo per costruire qualcosa di migliore. Tu invece sei un uomo che distrugge solo per vendetta."
Sorprendono le scene di follia caratterizzate da inquadrature sghembe, filtri e montaggio frenetico che intuiscono alla perfezione la crisi nervosa di Peyton.
-Boris
Da sinistra, Dom Howard (Batteria), Chris Wolstenholme (Basso)
e Matt Bellamy (Chitarra e Voce)
Alzi la mano chi non conosce i Muse.
Credo che nessuno possa dire di aver compiuto tale gesto.
I Muse sono il fenomeno Rock del decennio passato, nessuno può dire il contrario. Poi è certo che ognuno ha le sue opinioni circa quale contributo possano aver dato alla moderna generazione musicale e su quanto bene abbiano fatto con i loro innumerevoli brani diventati immediatamente hit. Personalmente non me ne frega nulla, loro sono già leggenda. Se ci fate caso, è come se loro fossero sempre esistiti, tipo quando si parla dei Red Hot Chilli Peppers o degli U2, ormai sono imprescindibili, parte essenziale della musica contemporanea... Eppure c'era un tempo in cui venivano additati come copioni, come band da quattro soldi capaci di un solo brano da alta classifica e più niente, fulgore tempestoso nel mare di british alternative a cavallo tra anni 90 e 2000...
Parliamoci chiaro, chi conosce questa band a fondo, sa che Showbiz, il loro primo album è un lavoro acerbo e poco originale, anche se a tratti creativo.
Allora quando possiamo parlare seriamente di Muse?
Dall' uscita di Origin of Symmetry ovviamente.
Non è il loro miglior lavoro, questo è sicuro, poiché Absolution è ciò che si può definire la quintessenza del Rock e niente di meglio credo io abbia visto in quel genere fino ad ora. Ma chi volesse davvero capire i Muse, sprofondare nella loro enigmatica arte, prendere la loro anima e assaporarne concretamente l'essenza, non può prescindere da questo album.
E allora parliamone.
Parafrasando quel poeta famoso li, OoS, è selvaggio, aspro e forte. Selvaggio perché è incredibilmente autentico e primitivo. Tutto ciò che è ricercato nei suoni, non ha frivolezza estetica, ma trascende il concetto di "canzone" ed entra nel vivo del suono. Aspro per le chitarre stridenti che fanno eco alla voce gridata ma mai stancante di Matt Bellamy, onde futuristiche di una crudezza esasperante, un progressive molto duro, oserei dire nudo. Forte perché ha lo stesso effetto di un secchio d'acqua fredda al risveglio.
I testi sono criptici ed enigmatici ma ti rimangono scolpiti nella testa e ti danno l'idea di un futuro terrificante, popolato da persone oppresse e senza speranza, un futurismo orrido che arriva al cuore, che pompa più forte sangue quando senti capolavori come New Born. Questa è l'ingresso dei sogni, un carillon inquietante che ti fa ritornare alla culla e rinascere, quando senti quel potente tripudio di suoni che parte al suo termine. Poi Bliss e il suo sintetizzatore futuristico che sale e scende e continua l'album su Space Dementia, che si riferisce allo spaesamento subito dagli astronauti nelle loro missioni. Una atmosfera da 2001 Odissea nello Spazio, con il pianoforte dalle note classiche che Bellamy tanto ama e la sua voce straziante che prova a volteggiare nel vuoto. Parlare di ogni canzone in maniera esaustiva è impossibile per cui cercherò di mettere in risalto quei tratti dell'album che più mi hanno steso a terra e fritto il cervello.
Come precedentemente detto, il futuro di cui parlano i Muse è una spassionata critica di ciò di cui oggi prepotentemente si cerca di non parlare. Una canzone su tutte che rappresenta questo tema è Screenager, gioco di parole che evoca la nostra generazione, forse la prima ad essere nata con gli occhi su uno schermo... L'alienazione che ogni individuo si porta dietro vivendo perennemente con la nuova tecnologia. Sono tutti questi temi molto cari alla band inglese, che dipinge più ombre che luci quando si tratta di parlare dell'avvenire, pensate a cosa sarebbe Resistance senza un po di sano complottismo! Come non citare Plug in Baby, singolo molto amato da... Chiunque. La sua interpretazione tuttavia è criptica, così tanto che questa è stata la risposta del cantante alla richiesta di significato:
It's- It's all random, it just comes out- I mean, it's random, I've got no idea what I'm singing about at all, sorry. It's just like- It's just kind of like, write a few chords and that, and then just... improvise a few words, and just hope it means something. It does mean something! Trust me. But I can't work it out myself. 'Cause I'm subjective, you see. So I can't actually quite work it out, that's for you lot to work out.
E 'tutta casuale, è solo venuta fuori ... Voglio dire, è a caso, non ho idea di cosa sto cantando a tutti, mi dispiace, è come scrivere un paio di accordi e poi basta ... Improvvisare alcune parole e sperare che significhino qualcosa. Però significa qualcosa! Fidati di me. Ma non ci posso arrivare da solo. Perchè sono un tipo soggettivo, si vede. Quindi non posso proprio farcela da me, dovete arrivarci da soli.
Un tipo con le idee chiare per dirla tutta.
C'è poi Feeling Good, la milionesima cover (e la più bella) che ci sta una meraviglia in quest'album, insieme all'immancabile megafono... E ancora la mitica Citizen Erased, la mia preferita.
Su questa canzone potrei parlare all'infinito, è il vero pezzo forte dell'album, sette minuti di puro godimento e nient'altro. Atmosfera cyberpunk, suono perfetto, schema inusuale, da accostare al capolavoro Paranoid Android dei Radiohead, a mio parere è la canzone più sottovalutata della storia e chi è fan dei Muse non mi può che dare ragione. Come infine non citare Micro Cuts e la voce di Matt che letteralmente ti taglia a fettine con quei suoi urli impossibili o Megalomania, il cui testo è a dir poco oscuro e la melodia ancor di più.
Tirando le somme, l'Origine della Simmetria, titolo ispirato ad una teoria scientifica, una di quelle nerdate che hanno sempre contorto la mente di quel bricconcello di Bellamy, è un album eccentrico e per questo da lodare. Non si perde mai in suoni e temi scontati come forse accadeva in Showbiz e in misura minore in Black Holes and Revelation. Era il lontano 2001 quando venne pubblicato, agli albori della nostra vera e propria era digitale, ma la sua attualità e ancora oggi sconcertante e credo rimarrà tale per lungo tempo.
Non potete dire di amare i Muse se non vi siete iniettati nelle vene l'intero disco per cui abusatene quando vi pare, questa è la vera droga che non ha mai fatto male a nessuno... E posso affermare senza remore che quel terzetto sta alla musica come Heisenberg sta alla metanfetamina.
Amen