Alieno

Maxtrot era un esploratore.
Non era pagato molto per fare quel lavoro ingrato, comunque non abbastanza per fronteggiare tutte le insidie che gli si paravano davanti puntualmente in ogni viaggio che intraprendeva.
La sua nave non era neanche completamente adeguata agli standard di sicurezza richiesti dall'unione ed un giorno o l'altro riteneva che si sarebbe dovuto sorbire un verbale con i contro-fiocchi dall'ufficio controlli.
Pensava a tutto questo quando improvvisamente un asteroide non segnalato dal computer di bordo impattò con la sua nave e lo fece uscire dalla curvatura spazio-temporale per finire in un sistema del tutto sconosciuto. Fortunatamente i sistemi di emergenza impostarono automaticamente la rotta verso il pianeta più ospitale nelle vicinanze che permettesse di effettuare le riparazioni.
Quello che ne Maxtrot e ne i sistemi di emergenza sapevano è che quel pianeta fosse abitato, anche da molto tempo a dirla tutta.
Ma quando l'esploratore se ne accorse era troppo tardi, erano già iniziate le procedure di atterraggio standard.
Non successe nulla di speciale, i razzi automatici anti gravitazionali si caricarono di tutto il lavoro sporco, e l'astronave si adagiò in maniera impeccabile sulla sommità di una collina erbosa.
Maxtrot aprì il portellone in maniera solita sapendo dell'atmosfera azoto-ossigeno che gli permetteva la respirazione naturale, tuttavia si guardava intorno furtivo... Non sapeva del livello di civiltà degli indigeni, per cui era sempre meglio rimanere allerta. Si chinò per prendere quello che sembrava una specie vegetale a lui totalmente ignota.
Era bella, dopotutto l'universo riserva sempre delle sorprese...
Mentre tutti questi pensieri vagavano per la mente assorta di Maxtrot, un indigeno era scivolato alle sue spalle e l'aveva colpito con il calcio di un fucile alla nuca.
Il mondo si offuscò e calò l'oscurità attorno a lui.
Quando si risvegliò si trovava in una specie di abitazione fatta di legno, buia, con una sola finestrella sottile che probabilmente dava sull'esterno. La terra sotto di lui era dura e sabbiosa e tutta la stanza puzzava di muffa. Solo una lampada faceva si che l'oscurità non inghiottisse tutto.
Dopo aver ripreso completamente coscienza capì di essere legato mani e piedi con due robuste funi, in bocca aveva una pezza a mo di bavaglio...
Cavolo! Era stato rapito.
Dopo quella che sembrò un eternità entrò da una porta colui che doveva essere l'alieno che lo aveva rapito. Non era molto diverso da lui in fin dei conti... Il volto non era ripugnante come aveva potuto costatare in certi casi, ma queste cose si possono sempre superare con l'abitudine, tutti nella galassia lo sapevano.
La cosa più preoccupante tuttavia che Maxtrot notò nell'alieno, era l'arma che questo gli puntava contro in maniera nervosa.
Sembrava alquanto primitiva e mal messa, con due bocche di fuoco per quelli che dovevano essere proiettili metallici.
Non poteva seguire le procedure sull'approccio a nuovi esseri senzienti della guida galattica. Doveva usare l'istinto per uscire da quella situazione. Provò a parlare.
L'alieno fece una smorfia e lo guardò... Poi si decise a toglierli la pezza dalla bocca.
Riprovò a parlare.
L'alieno gli rispose con una smorfia ancora più assurda.
- Ok, calma Max- pensava tra se - ci sarà un modo per comunicare con quest'essere!-
Si guardò attorno, trovò un legnetto a qualche centimetro da se. Si trascinò verso di esso sotto lo sguardo attento dell'altro, poi lo prese con la bocca e tenendolo tra i denti disegnò sul terreno l'abbozzo di uno schermo.
L'alieno sembrò capire e uscì di corsa dalla stanza.
Tornò dopo altro tempo con tra le mani un qualcosa che non assomigliava proprio ad uno schermo... Era un grosso ammasso di plastica profondo e largo con al centro un vetro scuro. Lo accese e vide delle immagini in movimento. Doveva essere un televisore. L'altro se ne andò, lasciandolo solo a contemplare quella grossa scatola per molto tempo. Guardando la tv, imparò alcune parole basilari, alcuni modi di fare caratteristici, i saluti, la tecnologia. Era un modo primitivo, ma sembrava vario e complesso... Anche se non capiva perché la gente di quel posto avesse tanto interesse per dei coltelli... Un tizio li brandiva spiegandone le proprietà da parecchi minuti.
Poi rientrò l'alieno. Aveva un altro vestito, ugualmente strano, ma sembrava più pulito. Maxtrot doveva cercare di sembrare amichevole:
-Ciao!- Azzardò.
L'alieno sembrò scandalizzato, ma poi cominciò a parlare:
-So cosa siete venuti a fare qui, voi volete colonizzarci. Siete anni che ci spiate, che siete all'interno dei governi, che fate i cerchi nel grano, che ci irrorate con le scie chimiche... Ma ora ti ho catturato ed il mondo deve sapere che la mia non è follia, che gli alieni esistono e ci vogliono uccidere tutti!-
Ovviamente Maxtrot non aveva capito molto del discorso, per cui si limitò a sorridere. La cosa non dovette fare molto piacere all'alieno, perché si volto di scatto e uscì di nuovo dall'unica porta della stanza.
Ricordava quasi tutte le parole, nell'ordine in cui erano state pronunciate, e guardando il televisore per un po, riusci ad arrivare al vero significato di quel discorso.
Per le stelle! Quel tizio era veramente folle! Perché mai avrebbero dovuto attaccare un pianeta innocuo o inserirsi nel loro governo? E poi spiare? Ma se era capitato per caso li! Doveva assolutamente risolvere l'equivoco.
-Non vero è tu quello che dici... Io venire dalla pace, galassia buona, tutti altri buoni!-
-Stai solo cercando di condizionarmi, voi praticate da anni le vostre subdole pratiche psicologiche sui poveri ignoranti delle masse... Ma non su di me! No! Non mi controllerete mai!.-
Si dissero la volta successiva e questi ancora una volta uscì sbattendo la porta furiosamente.
La situazione era peggiore del previsto. Non solo l'alieno era convinto di cose false, ma credeva di essere più furbo degli altri credendole. Forse il resto di quella gente non era così, forse c'era qualche speranza se fosse riuscito a parlare con qualcun altro.
Intanto passavano i giorni, se ne accorgeva dal variare della poca luce che entrava dalle fessure. Non poteva fare a meno di ricordare con nostalgia la fresca aria aperta del suo pianeta, qui invece tutto puzzava, sottoterra come un verme, era costretto a cercare di mangiare degli strani alimenti che lo facevano stare solo male. Aveva bisogno di proteine e di carne, gliel'aveva pure spiegato, mentre l'altro si rifiutava di portargli animali, preferendo strane piante dal sapore orribile. Si stava ammalando e ora tutto quello che cercava di fare era attuare un piano per fuggire. Un giorno, all'ora del pasto, parlò con l'alieno:
-Ascolta, ho bisogno di uscire fuori, mi sto ammalando! Ho bisogno di aria!-
-Balle, voi vivete sottoterra, se ti facessi uscire tu ne approfitteresti per chiamare i tuoi amici del governo e svignartela, così poi potrai comodamente radere al suolo la mia casa e uccidere mia figlia.-
Dunque non era solo, poteva cercare di parlare con sua figlia e vedere come avrebbe reagito. Era vomitevole comunque che questo tizio lo avesse scambiato per un assassino.
All'indomani decise di provare a fuggire.
Aveva trovato il modo di fregarlo pensava, doveva usare in maniera attenta la forchetta che gli dava per consumare il pasto per cercare di forzare il lucchetto che teneva le catene legate. Non era un esperto in queste cose, ma poteva farcela con un po di fortuna, poi sarebbe andato in cerca di qualcuno, senza farsi scoprire... L'idea di tornare alla nave era da escludere, perché in quelle condizioni non avrebbe mai fatto così tanta strada.
Infine venne il momento di agire, quando al pasto successivo l'alieno si presentò con il solito piatto di verdure e la forchetta, appena uscì, Maxtrot si mise ad armeggiare attorno al catenaccio. Dopo dieci minuti riuscì a sbloccare il meccanismo e poté finalmente alzarsi in piedi. Barcollando pensò che aveva all'incirca altri due minuti prima che si presentasse di nuovo il suo aguzzino, allora aprì cautamente la porta e salì le scale verso l'uscio semiaperto che lo sovrastava. Entrò in uno stretto e buio corridoio, arrivando ad una stanza sulla destra...
Lì c'era un altra persona. Era un alieno di genere femminile e doveva essere giovane.
Quando lo vide, lei cominciò ad urlare.
Rimase shockato dalla reazione e rimase fermo qualche secondo, poi sentì i passi nel corridoio dell'altro alieno e capì che la sua fuga era terminata.
Il rapitore entrò nella stanza calciando la porta e brandendo l'arma che gli aveva puntato contro all'inizio gridando:
-Lascia stare mia figlia!-
Maxtrot allora fece per alzare le mani in segno di resa, ma l'altro dovette capir male e premette il grilletto.
Il sangue blu cominciò a sgorgarli dalle ferite provocate dai pallettoni esplosi, ed il dolore arrivò lancinante attraverso il sistema nervoso alla sua testa. Cadde a terra con un tonfo, sbalzato in aria dal contraccolpo. Era ancora lucido, quando l'alieno si avvicinò a lui, squadrandolo dall'alto con la canna del fucile ancora puntata nella sua direzione... Allora Maxtrot raccolse le forze e disse:
-Per favore, portami a rivedere le stelle, ti prego... Le stelle...-
La ragazza nella stanza si impietosì a quelle parole e chiese al padre di voler esaudire quello che doveva essere l'ultimo desiderio di quel viaggiatore dello spazio. Allora mentre la vista cominciava ad annebbiarsi, il rapitore lo prese tra le bracia e lo portò fuori, dove la notte stellata illuminava le terre circostanti.
-La nave... Ti prego, la nave...- biascicò Maxtrot. Allora la ragazza disse al padre di fare così, mentre lui si mostrava riluttante. Alla fine lo portò nei pressi della navicella schiantata. A quel punto Maxtrot era consapevole di poter attivare i comandi mentali della nave, e decise così di inviare un messaggio ai suoi, questo diceva presso a poco così:

"Qui parla Esploratore Maxtrot 2076836, trovato nuovo pianeta con forme di vita.
Queste sono ostili e pericolose, armamento pesante, odio razziale, non adatte a pace galattica.
Si raccomanda caldamente distruzione pianeta per estinzione razza.
Non mandate nave di soccorso, le mie condizioni sono critiche, fate sapere a mia moglie che avevo un'altra famiglia su Koinos. Chiudo."

Infine prima di chiudere gli occhi, pensò che aveva un po esagerato con quel messaggio, in fin dei conti cos'era quel pianeta chiamato "Terra" se non un'accozzaglia di stupidi ed innoqui alieni?