Surrealismo, Dalì e altre cose strane.

Mi è stato chiesto di esprimere una critica verso il surrealismo e Dalì, per cui eccomi qui (rima non voluta). Premetto che le uniche critiche di cui sono capace sono quelle verso me stesso e che non conosco a fondo l’argomento di cui tratto, per cui perdonate eventuali mancanze… Beh, forse dovrete perdonare l’intero post.
Dunque, Dalì e il surrealismo, non ci metterò molto a dirvi le cose che non mi piacciono, perché in realtà ammiro tantissimo la ricerca portata avanti da questo movimento ed alcune delle opere che preferisco di più in assoluto (non solo d’arte propriamente detta) sono surrealiste. Ma prima di ogni cosa ci conviene soffermarci su cosa è il surrealismo. Da buon ignorante che sono vado su Wikipedia e cerco una definizione, ciò che trovo è tratto dal primo manifesto del movimento surrealista:
“Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.”
Quindi, in poche parole, prendi quello che ti frulla nel cervello e buttalo senza filtri su di una tela, un blocco di marmo, una pellicola o persino un disco. Una cosa forte, emozionante, bella… Ma è veramente possibile effettuare questa operazione? Come fai a trasporre il tuo pensiero su qualcosa di fondamentalmente concreto? Come puoi pensare di rinchiudere quello che deriva dalla tua anima in una confezione fatta di materia? Il fatto stesso dunque di affidare alla lentezza delle proprie mani la creazione di qualcosa che deriva da un fulmineo balzo della propria mente e che nel passaggio subisce una innaturale elaborazione da parte del cervello è di per se indice della fuffa propinata dal movimento. Ma a parte questa critica di fondo, più filosofica che contenutistica, apprezzo lo sforzo esibito dagli artisti nel voler ricreare ciò di cui la mente umana può essere capace nell’ambiente stesso in cui tutto viene concepito… All’interno del proprio Io, cosciente o meno. Allora visto che siamo in argomento, fatemi portare alcuni esempi di surrealismo molto moderno e poco pesante che esprimono a mio parere il lato buono espresso da questo tipo di arte:

Inception

Non è un film surrealista, neanche lontanamente, ma al suo interno troviamo un tema molto caro per chi fa parte del movimento. La creazione della mente. L’intero film si basa sulla capacità per mezzo di determinate tecnologie di entrare nei sogni di persone, creandone elementi, plasmando mondi immaginari e fittizi, all’interno dell’insondabile inconscio portato dal sogno. Immaginate un vero artista il quale possieda uno strumento del genere! Sarebbe veramente un trip con i fiocchi!



Questa è una delle scene più famose del film, la città di Parigi, nella mente di uno dei protagonisti del film, viene arrotolata su se stessa creando un effetto spettacolare, figlio anche della sempre impeccabile fotografia di Nolan. Alcuni (tra cui io) credono che questo film abbia un potenziale enorme inespresso, in quanto l’espediente narrativo offre infinite possibilità per storie incredibili e viaggi mentali senza uguali. Lascio a voi il giudizio se si tratta di un bel film o no.

Silent Hill

Si, un videogioco, avete capito bene. Non è neanche il più surrealista che conosco, ma valeva la pena citarlo. Un luogo, in questo caso una città, che proietta nella realtà gli abissi dell’inconscio umano, che crea per i personaggi che l’attraversano delle ricostruzioni di quella che è l’oscurità incarnata nei loro cuori. I mostri inoltre non sono nient’altro che incubi, menzogne, peccati, presi dalla collina silente e buttati davanti al giocatore, che non li teme in virtù delle loro fattezze (e anche minacciosità a dirla tutta) ma soprattutto perché vengono da te stesso, perché sono mostri plasmati sull’immagine della tua anima.



In questa scena, tratta dal primo capitolo per consolle Playstation, il protagonista entra nell’”Other World”, una specie di realtà parallela, dove tutto ciò che prima ho raccontato, diventa “magicamente” realtà, dove le mostruosità dell’anima, diventano mostruosità dei corpi.

Kid A

Chi mi conosce sa che non riesco a parlare di nulla senza che immancabilmente finisca per citare i Radiohead. E so anche che ho stancato un bel po’ di gente… Per chi non li conoscesse, sono un gruppo musicale di Oxford che iniziò la propria carriera propinando un Brit Pop molto malinconico e che lentamente approdò in una sconcertante elettronica da viaggio mentale. Kid A, è l’album che molti definiscono il loro capolavoro più pregiato e che ancora più definiscono come un tentativo mal riuscito. Ma tra tutta la musica che fino ad ora mi è capitata a tiro, non ho mai trovato nulla di più surrealista che questo album. La voce del cantante ed i suoni vi faranno fare un “viaggio allucinante” tra i meandri oscuri della vostra mente, andando a pescare suggestioni e sensazioni che neanche voi sapete di avere all’interno. Il tutto è farcito di una grande maestria musicale, toni molto cupi, e tanta, tanta, sofferenza. Nonostante tutto questo, a meno di un vostro perverso masochismo, che vi potrebbe spingere a non ascoltare cotanta malinconia, io consiglio caldamente di intraprendere questo viaggio… Alla lunga vi farà capire cosa è al proprio posto e cosa non lo è nella vostra testa. Ho già scritto su questo album, per cui per approfondire: Kid A: Il mostro, il sogno e il futuro.



Dalì e i suoi problemi

Ora vorrei fare una piccola digressione su Dalì e cosa buttare via della sua arte.
Come ogni artista, lui a suo tempo dovette affrontare il problema di guadagnarsi “la pagnotta”. Ora essendo, per citare il grande G. Orwell, un disgustoso essere umano, non poteva evitare di concedersi quei lussi di cui era abituato, per cui creava opere d’arte per il semplice scopo di guadagnare. Che avesse un certo estro creativo è assolutamente in dubbio, ma per poter al meglio pubblicizzare le sue opere non poteva fare a meno di fare il “Dalì” della situazione, esibendosi nelle maniere più assurde, in modo tale da far sempre ricadere su di se le attenzioni del pubblico. Persino il movimento Surrealista prese subito le distanze dalla sua persona! Ma tutto questo non sarebbe un problema se non fosse per il piccolo dettaglio che egli, nelle sue opere è onnipresente, togliendo allo spettatore la possibilità di immedesimarsi nell’opera e eliminando a mio avviso una parte essenziale di ciò che contraddistingue il movimento surrealista stesso. In tutto questo tralascio la sua assoluta inutilità sociale come uomo di cultura e di un certo prestigio. Tirando le somme, posso tranquillamente dire che se Dalì non fosse Dalì, sarebbe indubbiamente un grande artista.


-Mikoski