Tutto è cominciato una sera... O forse una mattina... In realtà non lo so.
Mi trovavo come al solito con il vecchio Santa e Pippo Franco al bowling, cercando di far perdere la squadra di Magalli. Insomma quella palla di lardo era spacciata come al solito e con due strike e uno spare avevo chiuso la discussione con due turni di anticipo. Al che i fatti vostri ha cominciato a delirare dicendo che avrebbe dovuto bruciare la mia macchina se avessi continuato a pagare il tizio alla cassa per cambiare il punteggio mentre lui guardava i culi delle inservienti. Una grossa accusa... E anche vera in realtà, però a Pippo non piaceva chi minacciava gli amici.
Credo che a Pippo dopotutto non piaceva nessuno.
Così qualcuno, non so chi, disse che la cosa andava risolta fuori alla vecchia maniera, per questo tutti andammo sul retro del locale discutendo su come avremmo potuto utilizzare il bastone di Gandalf che Santa, alias Babbo Natale aveva comprato su ebay per un bambino povero ma che poi aveva deciso di tenere per se.
Faceva un freddo boia, il vecchiardo dal cappello con batuffolo bianco aveva la sua casacca rossa, Pippo aveva la sua giacca di pelle, mentre io avevo perso due ore prima la mia a biliardo.
Dovevo trovare qualcosa per scaldarmi così mi guardai attorno.
Intravidi subito un barile con il fuoco acceso ad un angolo, vicino ci dormiva su di un cartone un barbone.
Mi avvicinai mentre gli altri si lanciavano appellativi non troppo carini riguardanti per lo più mamme...
Era girato su di un fianco in una pozza di quello che doveva essere vomito, la giacca per fortuna era salva. Così cautamente cercai di sfilargliela in modo tale che non se ne accorgesse...
Russava come un orso e puzzava come un muflone ma la giacca era bella.
Avevo quasi finito quando si voltò di scatto con gli occhi sbarrati. Lo guardai fisso per qualche secondo...
Porca Eva, era il vecchio Gerry Calà. Minchia, l'ultima volta l'avevo visto alla sauna a cortina!
Nessuno sapeva che fine avesse fatto e così avevamo supposto che si fosse indebitato fino al collo con la mafia russa e che probabilmente ora fosse il cuore di carne di un pilastro di cemento.
Ma ci eravamo tanto sbagliati.
Dopo che tutti questi pensieri attraversarono la mia mente con la stessa velocità con la quale partono i santi a Germano Mosconi, lui torno in se e capì subito chi io fossi.
Così mi strattonò via e balzò in piedi.
Cominciò ad urlare come un dannato, al che tutti quelli che erano nel vicolo si girarono, lasciando momentaneamente perdere Paolo Brosio appeso al lampione per il rosario.
Poi come in una specie di sogno, si verificò quel casino che portò in seguito agli avvenimenti che tutti sapete.
Gerry estrasse un vecchio revolver e sparò una serie di colpi davanti a se.
Tutti, compreso io, ci buttammo a terra.
Nessuno ha mai capito il perché di quel folle gesto...
Ok, non proprio tutti... Io l'avevo capito.
Gli dovevo qualche decina di migliaia di euro per una storia riguardante certi pacchi bianchi e Adriano Pappalardo, ma nulla di troppo serio.
Dopo che il tamburo aveva cominciato a girare a vuoto, pulì il manico della pistola con la giacca e la buttò nel cassonetto lì di fianco. Infine corse per tutto il vicolo fino a sparire dietro l'angolo.
Nel contempo tutti si erano volatizzati tranne io, Pippo e Babbo... E Brosio che era ancora sul lampione.
In realtà dopo aver fatto la conta, notammo che c'era un quinto individuo ancora nel vicolo ed era a terra accerchiato da una macchia oscura.
Non c'era nulla di buono in tutto questo. Il tizio era steso a faccia in giù e come fece notare con molta arguzia Pippo, quello doveva essere sangue. Lo girammo e subito capimmo quale bene Gerry avesse fatto all'umanità ma quanto male avesse fatto a noi.
Era Francesco Sole.
Insomma, se non fosse stato per un fottuto post-it giallo attaccato alla fronte non l'avremmo riconosciuto. Babbo lo staccò e me lo diede con faccia costernata.
C'era scritto "GAY".
Dovevamo agire, prendere una decisione intelligente... Mi guardai intorno e vidi il vecchio che si scaccolava con il mignolo grattandosi la chioma bianca.
Capii che eravamo spacciati.
Di certo quel revolver aveva fatto un gran rumore per cui gli sbirri si sarebbero fiondati di li a poco ed infatti le sirene cominciarono a lampeggiare sul fondo del vicolo accompagnate dal consueto ululato preparatorio al retro della camionetta e alle manette.
No... Fu allora che decisi di prendere in mano la situazione.
Presi l'uomo dei post it dalle braccia e lo trascinai fino ad una Civic del 91 scassata parcheggiata un po più in la del lampione di Brosio... Frantumai il vetro con il gomito ed aprì la portiera dall'interno. Premetti il pulsante del bagagliaio e ci buttai di peso dentro il cadavere.
Vidi allora la scia di sangue e bigliettini verdi che avevo lasciato fino alla macchina e notai il pelato che chiedeva pietà... Ma l'avremmo dovuto lasciare li, non avevamo tempo a sufficienza per salvarlo.
Pippo e Santa erano saliti in macchina...
Pippo mi continuava ad urlare qualcosa ma non lo stavo ascoltando, era l'adrenalina che prendeva decisioni al mio posto.
Partii con l'acceleratore a tavoletta urtando qualche bidone che riversò il suo contenuto sull'asfalto e imboccai la strada principale. Finalmente prestai attenzione alle parole di Pippo. Era la macchina di suo cugino quella...
Ecco perché aveva lui le chiavi.
Ora bisognava decidere dove occultare il cadavere.
Mi venne in mente un unico posto o meglio, un'unica persona.
Tutti lo chiamavano "l'avvocato", non ho mai capito il perché. Sembrava tutto fuorché un avvocato, fatto sta che non avevo altra soluzione.
Arrivammo alla sua villa in dieci minuti mentre Babbo piagnucolava abbracciato a quella che doveva essere la bottiglia di Vodka liscio fregata al tavolino di fianco al nostro mentre eravamo al bowling. Io non avevo bevuto così tanto, per cui conservavo quel po' di dignità e lucidità tali da garantirmi tutti questi pensieri profondi.
Mi fermai sul vialetto di ciottoli e dissi a Pippo di suonare il citofono per farci aprire il cancello. Quello scese dalla macchina e al posto di suonare il dannato campanello andò dietro la siepe esterna che costeggiava il muretto dicendo che doveva prima pisciare.
Non avevo tempo per cui scesi e suonai io.
Mi rispose una voce assonnata:
-Chi è?-
-Avvocato dovremmo parlarle, abbiamo avuto un problema con la banda di Magalli, ma niente di troppo serio.-
-Entrate.-
Non avevo mentito, Francesco Sole non era considerato da nessuno un problema serio.
Misi in moto la macchina e superai il cancello, anche se sentivo di aver trascurato qualcosa.
Questo si richiuse alle mie spalle.
Parcheggiai vicino alla fontana al centro dello spiazzale. L'avvocato ci aspettava in vestaglia fuori la porta.
-Entrate.-
Avanzammo sino alla porta. Prima di varcare la soglia notai la targa affissa al centro che recitava:
"Avv. Andrea Diprè"
Fine Parte Uno