Troll Fiction - Parte 2 (Deduzioni)


Era una mattina, o forse un pomeriggio, non ricordo, ricordo solo il buio...

Ma non quella oscurità totale, quella che non ti fa capire cosa succede, era un buio diverso, più "chiaro", quasi annebbiato.
Avrei dovuto pensarci su quando scelsi di mettere gli occhiali da sole di mia madre il giorno che uscì per quell'improvvisa chiamata dalla centrale.

Ero da poco detective, ma questo non c'entra.
Mi precipitai con la mia Duna sul luogo dell'omicidio, un vicolo dietro un Bowling frequentato da tipacci, il classico genere di vicolo in cui avvengono gli omicidi insomma.
Superai le strisce gialle della polizia passandoci sotto. La neve cadeva copiosa e si vedeva chiaramente il contrasto tra il rosso della striscia di sangue che attraversava buona parte della via e la neve fresca attorno.

Di li a poco non sarebbe rimasto nulla non coperto dai fiocchi che scendevano manco fosse Natale, per cui mi affrettai a dare un occhiata a tutto. Al che qualcuno mi toccò la spalla con la mano.
Mi voltai.
Era Nino Frassica.

Gli chiesi il perché fosse vestito da Carabiniere nonostante fossimo poliziotti ma lui fece spallucce dicendo che anche il prete biondo accanto alla bicicletta più avanti non avrebbe dovuto essere vestito da corvo.

Ancora lui?

Lo apostrofai con epiteti poco carini a dirla tutta e quindi con la bontà d'animo sicuramente presa attraverso le vie del Signore, mi rifilò due sberle e mi disse di tacere.

Don Matteo era fatto così, dopo un po' gli passava tutto, ma quando gli saliva la crociata c'era poco da fare.

Chiesi a Nino da quando fosse qui e lui mi rispose che era arrivato prima di tutti, si era appropriato di tre quarti delle prove, aveva aiutato una vecchia ad attraversare, aveva vinto a scacchi con il commissario Montalbano e aveva anche risolto il caso, ma solo perché si annoiava troppo.

Ero curioso dunque di come avesse fatto a capire tutto così su due piedi.
Lui mi guardò con aria infinitamente inintelligibile e indicò con la mano il lampione sopra di lui, al quale c'era appeso Paolo Brosio.

Ovviamente lui aveva raccontato tutto. Lo facemmo scendere a malincuore, ci stava così bene li su.

Raccontò a me e Nino le stesse cose che aveva raccontato al parroco. Il cadavere era un certo Francesco Sole, prelevato e occultato da tre individui di cui non sapeva dirmi i nomi, ma che ero sicuro conoscesse a fondo, perché quando gli dissi che avrei perquisito la sua casa e regalato a mia nonna la sua bibbia autografata mi supplicò di permettergli di farmi nome e cognome di tutti i presenti nel vicolo.

Quindi era Jerry Calà l'omicida... Ma la cosa non aveva molto senso...
Una rissa e un barbone che spunta fuori dal nulla e spara all'impazzata.

Dovevo saperne di più.

Avevo un informatore di fiducia, dovevo chiamarlo, prima che Don Matteo potesse sguinzagliare i suoi cani.

Trovai una cabina telefonica dietro l'angolo del vicolo e composi il numero. Dall'altro capo una voce chiese chi fossi.

-Avvocato, sono io. Ha qualcosa per me?-
-Loro sono qui.-
-Bene, arrivo subito...-

Riattaccò e così mi precipitai alla volante.


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