Horror Natalizio: I 5 giochi da paura per giocare a Natale.

Si, so cosa state pensando, la svendita di questo blog è completa. Ora ci mettiamo anche a fare le liste come tutti.


Natale si sa, è la festa dello stare insieme...
Con parenti, amici o con il tuo gatto, non importa, quello che conta è passarlo in compagnia.
E allora si comincia ogni volta con lo stesso walzer: tombola, tre sette, sette e mezzo, tantissime cose che normalmente non faresti a meno di un virus mondiale tale da far diventare simili alle tue zie l'intera popolazione mondiale.
Ne è passato di tempo, ma cavolo, non mi sono mai più divertito così.
Quando ero piccolo, uno dei miei passatempi preferiti a natale, oltre che perdere alla tombola e rincorrere mia sorella che cercava di scartare prima di me i miei regali, era giocare con i miei cugini alla Playstation.
Poteva essere Iss Pro Evolution o Crash Bash, poco importava, potevi finalmente passare la serata a sfasciarti davanti ad uno schermo senza che i parenti ti venissero a rompere le scatole.
Ma ecco il punto: non possedete la Wii (buon per voi), non possedete il Kinect, non avete Guitar Hero, non avete abbastanza Joystick per tutti! Come fate voi e la vostra compagnia ad intrattenervi davanti ad uno schermo?
Semplice, cagatevi sotto a turno giocando a qualche gioco horror.
Il primo motivo a sostegno della mia soluzione è il fatto che molta gente, per quanto faccia la spavalda dicendo di aver visto piccoli brividi a vent'anni, non riesce a giocare ad un gioco horror da solo, neanche alle 3 di pomeriggio d'estate.
Secondo motivo: i giochi horror stimolano la vostra capacità di sopravvivenza e tendono a stimolare il gruppo nel cercare la migliore soluzione possibile per sfuggire alla morte certa che sta per piombare su di voi.
E allora lasciate che vi consigli quale delle innumerevoli avventure potete intraprendere in base a ciò che possedete:

Silent Hill Origins (PS2/PSP)


"Per l'ultima volta, non ho spiccioli signora..."
Silent Hill è dal 1999 sinonimo di roba malata da lasciare macchie marroni sul proprio divano. Tra quelli a cui ho potuto giocare, devo dire che questo è il più intrigante e il più spaventoso di tutti. La storia è un prequel del primo gioco, il protagonista è un Camionista che suo malgrado si trova in trappolato nella città della nebbia cercando come al solito di non lasciarci la pelle. Come ogni Silent Hill, la visuale in terza persona limitata, gli ambienti oscuri e carichi di odio, i mostri dalle sembianze deformi e disturbanti e le musiche sempre perfette e a tono, terranno voi e i vostri amici incollati allo schermo... Non troppo però. Se siete legati quindi ancora alla vostra bellissima PS2 e non avete soldi da spendere, questa credo è la scelta migliore.

Alan Wake (Xbox 360/PC)


Uno dei pregi di Alan Wake è la realisticità
dell'illuminazione e dei raggi di luce
Il giorno in cui lo finii, posai il pad e dissi:"Questo gioco è incredibile!". Nel mondo videoludico poche volte si vedono trame così ben fatte e originali, Alan Wake ne ha una formidabile. Uno scrittore dell'horror che vede capitare nella realtà ciò che partorisce la sua mente e che riversa sul foglio, è uno scrittore che sa che sta per morire. E allora per una tranquilla cittadina americana persa tra un meraviglioso bosco e un lago "magico" dovrete evitare uomini dall'aspetto inquietante divorati dall'oscurità che tenteranno di evitare i vostri colpi di revolver e carabina per darvi il ben servito. La peculiarità del gioco, oltre che nella trama che si dipana come in una serie tv (il gioco è infatti rigidamente diviso in episodi, con tanto di introduzione iniziale a quelli precedenti), è nel continuo contrasto tra la luce e il buio, infatti la torcia sarà la migliore arma che possiate avere e la luce dei riflettori e dei lampioni potrà "curarvi" e proteggervi dall'oscurità che aleggia nei luoghi che visiterete. Insomma se amate lo Stephen King di Shining, questo è il posto giusto, perché troverete poco sangue, ma molta, molta paura.

Resident Evil 4 (Game Cube/PS2/PC/Xbox 360/PS3)


Quella maledetta scena! Corri idiota!
Uno dei classici dei videogiochi di questo genere, è un gioco che dovete aver giocato per forza, PER FORZA. All'epoca in cui venne alla luce rinnovò completamente la concezione di action/horror, qui infatti non avrete da nascondervi, dovete affrontare le vostre paure con armamentario non proprio leggero, cercando stratagemmi vari per poter scappare dai pacifici nativi del posto, contagiati da un virus tale da renderli più forti e più ecco... Resistenti. Per alcuni il sistema di gioco può sembrare molto scomodo, quando prendi la mira infatti non puoi muoverti e la visuale in terza persona alle spalle del personaggio limita il campo visivo... Questi accorgimenti tuttavia renderanno molto più inquietanti e cariche di tensione e angoscia le situazioni assurde che affronterete per ore. La trama non è certo un capolavoro di scrittura, ma per quanto riguarda il divertimento, fidatevi, ne vale la pena!
Da poco è inoltre uscita una rimasterizzazione in HD per PC, PS3 e XBOX360 abbastanza curata, che sicuramente potrà essere un ulteriore incentivo a giocare questo titolo.

Dead Space 2 (PC/PS3/Xbox 360)


Isaac Clark, l'ingegnere più sfigato della storia.
Ci sono persone che amano gli horror alla follia, altri invece amano più la fantascienza... Se volete entrambi questo è il gioco che fa per voi. Un misto di splatter e psicologia del terrore condito da ritrovati tecnologici post conquista dello spazio vi faranno letteralmente tremare per qualche decina di ore. La visuale è sempre in terza persona e l'impronta è assolutamente action, ma la componente paura rimane forte per la difficoltà nell'uccidere quelle simpatiche creature che usciranno dalle fottute pareti di tutta la stazione spaziale che dovrete perlustrare. Se inoltre amate le sfide, potete impostare una difficoltà maggiore che vi renderà ancor più la vita difficile essendo veramente scarse le munizioni a disposizione... Il che, credetemi è un fattore molto negativo.

Outlast (PC/PS4/Xbox One)


Ciao, vuoi farti un giro con me?
Ho lasciato il più spaventoso per la fine. Outlast è assolutamente la quintessenza dell'orrore. Gioco in prima persona, un manicomio dove venivano fatti test sui malati, sangue sulle pareti, impossibilità di utilizzare armi, buio pesto, silenzio, assordante silenzio. Se tutto questo non vi è bastato, non so cosa onestamente vi aspettiate da un gioco di questo genere, perché io ho trovato tutto quello che cercavo. L'ingegno nell'evitare i pazzi che popolano la struttura è la vostra unica difesa, oltre una telecamera infrarossi che vi permetterà di vedere laddove l'oscurità regna sovrana e che non poche volte vi farà sobbalzare per lo spavento, perché avrete notato che un tizio cattivo è lì accanto a voi. so di non essere molto coraggioso, ma fidatevi, non giocatelo da soli! Io vi ho avvisato!


Ci sono molti altri giochi horror che potrei consigliarvi, ma per farvi un santo Natale in compagnia, potete sicuramente scegliere uno di questi e non rimanere delusi... Ah, ricordatevi le mutande di ricambio già che ci siete! A presto!

-Mikoski

District 9 di Neill Blomkamp





Salve sono Boris, forse vi ricorderete di me per la canzone “Little Darling” del Sanremo del ‘99 e per la web series filippina sul militare filorusso che porta il mio stesso nome. In ogni caso questa è la mia nuova recensione!

Oggi vi consiglio District 9, un film del 2009 diretto da Neill Blomkamp.

Johannesburg, Sudafrica, 1982, una gigantesca navicella spaziale si ferma sopra la città rimanendo immobile per settimane fino a quando una squadra d’esplorazione decide di fare irruzione scoprendo una popolosa colonia di alieni denutrita, in chiara difficoltà e precarie condizioni igieniche. Al chè decidono di trasferirli sulla terra ferma in un campo profughi nel quale trascorreranno i successivi vent’anni segregati in regime di apartheid. La popolazione stanca della loro presenza per nulla gradita si ribella e il governo decide di trasferirli in un altro distretto a 240 km dalla città. L’operazione è condotta dall’ingenuo e imbranato protagonista Wikus Van De Merwe (Sharlto Copley) che va incontro ad un’accidentale contaminazione.

Ciò che subito salta all’occhio è lo stile di regia; sembra di guardare un documentario o un servizio di approfondimento giornalistico con immagini di repertorio, riprese da telecamere di sicurezza, interviste, video report. La sensazione è quella di vedere Piazzapulita che segue gli scontri di Tor Sapienza. Il risultato è tensione e massimo coinvolgimento.


Altro aspetto interessante è la figura del terrestre, eccone alcuni punti di vista:

  • Il governo, che cela attraverso una finta ideologia di integrazione e rispetto dei “non-umani”, un’accanita ricerca medica priva di qualunque limite etico per poter sfruttare le armi aliene (di gran lunga più avanzate di quelle umane), inutilizzabili dall’uomo.
  • I militari, stupidi, violenti, con l’unico obiettivo di seguire gli ordini, colmi di un inesistente valore, euforici davanti al dolore dei non-umani.
  • I Nigeriani, simili ai militari, ma senza disciplina, ancora più ignoranti (e quindi pericolosi) e pronti a soddisfare ogni capriccio del loro boss.
  • I cittadini, che hanno solo bisogno di essere rassicurati, diffidenti e sempre impreparati a grandi prove di civiltà. Capaci di dichiarazioni come: «Se fossero di un altro paese capiremmo, ma non sono nemmeno di questo pianeta». Questa frase mi ha fatto riflettere molto.


Capitolo a parte è Wikus Van De Merwe che rimane per tutto il film un antieroe, basta ricordare con che divertimento e superficialità assiste a quello che definiscono aborto cioè la distruzione tramite lanciafiamme di un’incubatrice aliena. Nemmeno con la metamorfosi, dolorosa sia fisicamente, per la perdita di unghie, denti, parti della cute (che mi hanno ricordato quelle di The Fly di David Cronenberg), sia psicologicamente, per l’allontanamento forzato dalla sua amatissima moglie, si immedesima nel disagio degli alieni che con opportunismo e egoismo si allea per la possibilità di tornare come prima.


Pregevole il montaggio sia per la verosimiglianza del dossier sia per alcuni parallelismi tra vicende che accadono separatamente (mi hanno ricordato quelle di Christopher Nolan). Il film ha un ritmo molto incalzante e i suoi 112 min voleranno.

Insomma è un film che con le sue scene di azione mi ha divertito molto e mi ha dato anche da pensare su un tema che in Italia in questi giorni e in questi anni è centrale: l’immigrazione.


Anche se con alieni, galassie lontane e navicelle spaziali, la fantascienza spesso parla di problemi che abbiamo qui sulla Terra.

Come al solito condividete, commentate e fateci sapere se avete visto il film, cosa ne pensate oppure non fatelo.

-Boris


Troll Fiction - Parte 1 (Genesi)


Tutto è cominciato una sera... O forse una mattina... In realtà non lo so.
Mi trovavo come al solito con il vecchio Santa e Pippo Franco al bowling, cercando di far perdere la squadra di Magalli. Insomma quella palla di lardo era spacciata come al solito e con due strike e uno spare avevo chiuso la discussione con due turni di anticipo. Al che i fatti vostri ha cominciato a delirare dicendo che avrebbe dovuto bruciare la mia macchina se avessi continuato a pagare il tizio alla cassa per cambiare il punteggio mentre lui guardava i culi delle inservienti. Una grossa accusa... E anche vera in realtà, però a Pippo non piaceva chi minacciava gli amici.
Credo che a Pippo dopotutto non piaceva nessuno.
Così qualcuno, non so chi, disse che la cosa andava risolta fuori alla vecchia maniera, per questo tutti andammo sul retro del locale discutendo su come avremmo potuto utilizzare il bastone di Gandalf che Santa, alias Babbo Natale aveva comprato su ebay per un bambino povero ma che poi aveva deciso di tenere per se.
Faceva un freddo boia, il vecchiardo dal cappello con batuffolo bianco aveva la sua casacca rossa, Pippo aveva la sua giacca di pelle, mentre io avevo perso due ore prima la mia a biliardo.
Dovevo trovare qualcosa per scaldarmi così mi guardai attorno.
Intravidi subito un barile con il fuoco acceso ad un angolo, vicino ci dormiva su di un cartone un barbone.
Mi avvicinai mentre gli altri si lanciavano appellativi non troppo carini riguardanti per lo più mamme...
Era girato su di un fianco in una pozza di quello che doveva essere vomito, la giacca per fortuna era salva. Così cautamente cercai di sfilargliela in modo tale che non se ne accorgesse...
Russava come un orso e puzzava come un muflone ma la giacca era bella.
Avevo quasi finito quando si voltò di scatto con gli occhi sbarrati. Lo guardai fisso per qualche secondo...
Porca Eva, era il vecchio Gerry Calà. Minchia, l'ultima volta l'avevo visto alla sauna a cortina!
Nessuno sapeva che fine avesse fatto e così avevamo supposto che si fosse indebitato fino al collo con la mafia russa e che probabilmente ora fosse il cuore di carne di un pilastro di cemento.
Ma ci eravamo tanto sbagliati.
Dopo che tutti questi pensieri attraversarono la mia mente con la stessa velocità con la quale partono i santi a Germano Mosconi, lui torno in se e capì subito chi io fossi.
Così mi strattonò via e balzò in piedi.
Cominciò ad urlare come un dannato, al che tutti quelli che erano nel vicolo si girarono, lasciando momentaneamente perdere Paolo Brosio appeso al lampione per il rosario.
Poi come in una specie di sogno, si verificò quel casino che portò in seguito agli avvenimenti che tutti sapete.
Gerry estrasse un vecchio revolver e sparò una serie di colpi davanti a se.
Tutti, compreso io, ci buttammo a terra.
Nessuno ha mai capito il perché di quel folle gesto...
Ok, non proprio tutti... Io l'avevo capito.
Gli dovevo qualche decina di migliaia di euro per una storia  riguardante certi pacchi bianchi e Adriano Pappalardo, ma nulla di troppo serio.
Dopo che il tamburo aveva cominciato a girare a vuoto, pulì il manico della pistola con la giacca e la buttò nel cassonetto lì di fianco. Infine corse per tutto il vicolo fino a sparire dietro l'angolo.
Nel contempo tutti si erano volatizzati tranne io, Pippo e Babbo... E Brosio che era ancora sul lampione.
In realtà dopo aver fatto la conta, notammo che c'era un quinto individuo ancora nel vicolo ed era a terra accerchiato da una macchia oscura.
Non c'era nulla di buono in tutto questo. Il tizio era steso a faccia in giù e come fece notare con molta arguzia Pippo, quello doveva essere sangue. Lo girammo e subito capimmo quale bene Gerry avesse fatto all'umanità ma quanto male avesse fatto a noi.
Era Francesco Sole.
Insomma, se non fosse stato per un fottuto post-it giallo attaccato alla fronte non l'avremmo riconosciuto. Babbo lo staccò e me lo diede con faccia costernata.
C'era scritto "GAY".
Dovevamo agire, prendere una decisione intelligente... Mi guardai intorno e vidi il vecchio che si scaccolava con il mignolo grattandosi la chioma bianca.
Capii che eravamo spacciati.
Di certo quel revolver aveva fatto un gran rumore per cui gli sbirri si sarebbero fiondati di li a poco ed infatti le sirene cominciarono a lampeggiare sul fondo del vicolo accompagnate dal consueto ululato preparatorio al retro della camionetta e alle manette.
No... Fu allora che decisi di prendere in mano la situazione.
Presi l'uomo dei post it dalle braccia e lo trascinai fino ad una Civic del 91 scassata parcheggiata un po più in la del lampione di Brosio... Frantumai il vetro con il gomito ed aprì la portiera dall'interno. Premetti il pulsante del bagagliaio e ci buttai di peso dentro il cadavere.
Vidi allora la scia di sangue e bigliettini verdi che avevo lasciato fino alla macchina e notai il pelato che chiedeva pietà... Ma l'avremmo dovuto lasciare li, non avevamo tempo a sufficienza per salvarlo.
Pippo e Santa erano saliti in macchina...
Pippo mi continuava ad urlare qualcosa ma non lo stavo ascoltando, era l'adrenalina che prendeva decisioni al mio posto.
Partii con l'acceleratore a tavoletta urtando qualche bidone che riversò il suo contenuto sull'asfalto e imboccai la strada principale. Finalmente prestai attenzione alle parole di Pippo. Era la macchina di suo cugino quella...
Ecco perché aveva lui le chiavi.
Ora bisognava decidere dove occultare il cadavere.
Mi venne in mente un unico posto o meglio, un'unica persona.
Tutti lo chiamavano "l'avvocato", non ho mai capito il perché. Sembrava tutto fuorché un avvocato, fatto sta che non avevo altra soluzione.
Arrivammo alla sua villa in dieci minuti mentre Babbo piagnucolava abbracciato a quella che doveva essere la bottiglia di Vodka liscio fregata al tavolino di fianco al nostro mentre eravamo al bowling. Io non avevo bevuto così tanto, per cui conservavo quel po' di dignità e lucidità tali da garantirmi tutti questi pensieri profondi.
Mi fermai sul vialetto di ciottoli e dissi a Pippo di suonare il citofono per farci aprire il cancello. Quello scese dalla macchina e al posto di suonare il dannato campanello andò dietro la siepe esterna che costeggiava il muretto dicendo che doveva prima pisciare.
Non avevo tempo per cui scesi e suonai io.
Mi rispose una voce assonnata:
-Chi è?-
-Avvocato dovremmo parlarle, abbiamo avuto un problema con la banda di Magalli, ma niente di troppo serio.-
-Entrate.-
Non avevo mentito, Francesco Sole non era considerato da nessuno un problema serio.
Misi in moto la macchina e superai il cancello, anche se sentivo di aver trascurato qualcosa.
Questo si richiuse alle mie spalle.
Parcheggiai vicino alla fontana al centro dello spiazzale. L'avvocato ci aspettava in vestaglia fuori la porta.
-Entrate.-
Avanzammo sino alla porta. Prima di varcare la soglia notai la targa affissa al centro che recitava:
"Avv. Andrea Diprè"

Fine Parte Uno

Person of Interest, Watch Dogs e 1984: Privacy, questa sconosciuta.

Era da un po' che non ci si sentiva, ma sapete bene che Mikoski disturba quando meno ve lo aspettate. Oggi vorrei parlarvi di un argomento alquanto controverso come il diritto alla privacy e lo farò attraverso tre diverse opere divise per altrettanti ambiti differenti, che ho gustato e apprezzato seppur in periodi separati tra loro.

La domanda è: quanto si è disposti a perdere in termini di privacy in cambio di alcuni benefici, come ad esempio, la sicurezza?



Ultimamente, in preda ad una sorta di isteria collettiva e grazie ai "complottisti" si è diffusa a macchia d'olio in Italia, ma anche nel resto del mondo, la convinzione che, rullo di tamburi...

I governi ci spiano!

Wow, guardate, se alcuni deputati non avessero fatto delle interrogazioni parlamentari sui "Microchippi" nel cervello, non sarei mai arrivato a questa a dir poco inquietante conclusione.

Novantadue minuti ininterrotti di applausi.



Va bene, ok... Basta sfottere.
Non è certo una novità, che al giorno d'oggi qualsiasi cosa noi facciamo può essere registrata, visionata e archiviata in modo tale da poterci fare qualsiasi cosa vi venga in mente (quindi stai attento quando vedi quei filmini lì, perché il portatile monta una webcam).

Il punto è:
  • Come viene effettuata questa sorveglianza?
  • A quali fini viene effettuata?
Ora posso iniziare a parlare delle tre storie che mi sono venute in mente.

Person of Interest

John Reese, figo come George Clooney e pericoloso come Chuck Norris ed
Harold Finch, al confronto Napster è Salvatore Aranzulla.
Questa è una serie tv abbastanza recente, tale da non essere arrivata ancora ad una fine (è in corso la quarta stagione in America). Mr. Geta dovrà perdonare questa incursione nel suo territorio.
L'input iniziale è abbastanza semplice e potrebbe essere benissimo riassunto dall'intro che compare in quasi tutte le puntate:



"Siamo sorvegliati, il governo ha costruito una macchina, che ci spia ogni singolo minuto di ogni singolo giorno, la macchina è stata costruita per prevedere atti di terrorismo, ma vede ogni cosa, crimini violenti che il governo considera irrilevanti... Ma noi no."

Il "noi" si riferisce in particolare ad Harold Finch, il costruttore di questa macchina, filantropo, ricco da fare schifo, vive per salvare coloro che la macchina indica e a John Reese, ex agente segreto che mette nelle mani di Harold le sue qualità per prevenire le minacce che si presentano nei confronti dei "numeri" che escono dalla macchina.

La questione qui è molto semplice, se una tale macchina esistesse, sarebbe veramente indecente da parte del governo ignorare il fatto che molti altri crimini, non solo gli atti di terrorismo, possano essere sventati.
La macchina sarà una presenza costante in tutta la serie.

Da qui una serie interminabile di intrighi e complotti per tener segreta la macchina, che senza addentrarci per non incorrere nel temibile spoiler, si rivelerà essere ben più di una semplice "macchina".
In questo caso la sorveglianza della gente è utilizzata tra virgolette per una buona causa, ma pone l'uomo di fronte al dilemma di dover decidere del destino di vite ignare, considerando alcune rilevanti e altre meno.

Un altro tema trattato è quello del "Deus Ex Machina". Provate infatti per un istante a  concepire una intelligenza o un uomo che abbia il potere illimitato di vedere tutto e tutti e di prevedere ogni cosa.
Lascio a voi immaginare le possibili implicazioni di questi concetti per una eventuale trama di una serie.

Nel vasto e variegato mare delle "TV Series", Person of Interest si colloca nella categoria da me battezzata "Semiseria" ovvero questa tratta di temi drammatici e anche di violenza con tono non troppo pesante, aggiungendo siparietti davvero gustosi e non fuori luogo.
La consiglio vivamente a tutti.

Watch Dogs

Aiden Pierce da semplice hacker diventa una specie di giustiziere.
La vendetta non sarà il suo solo fine, anche gli scippatori non hanno scampo.
Che siate videogiocatori incalliti o meno, è difficile che non abbiate sentito parlare almeno una volta di questo gioco, molto, ma veramente molto pubblicizzato, talmente tanto da creare attorno ad esso un hype immenso.

Alla fine tutti hanno potuto constatare come la Ubisoft (Software house produttrice di Assassin's Creed tra tutti i giochi) ha fatto un bel lavoro, sia a livello visivo che per quanto riguarda il gameplay, la cui particolarità è insita nella trama stessa.

Il gioco è ambientato in una Chicago fantasiosa, dove una ditta ha posto, come in una specie di beta test, l'intera città sotto la protezione di un sistema, il CTOS, che monitora e raccoglie i dati di ogni cittadino. Ma questo grande controllore in realtà viene utilizzato per scopi molto meno nobili.
Bande criminali, politici assetati di potere e imprenditori senza scrupolo ne fanno la perfetta fonte di informazione per i loro loschi scopi.

Il protagonista è l'hacker Aiden Pierce, il cui obbiettivo è, dall'inizio del gioco, quello di vendicare la morte di sua nipote in un incidente stradale provocato da dei tizi che volevano farlo fuori a causa di sue attività non proprio oneste. Le abilità del protagonista di hackerare il sistema CTOS potranno essere usate per controllare la città a proprio vantaggio, chiudendo ponti, propagando blackout o facendo esplodere centraline elettriche...
Quel bastoncino lì fa più male di quanto non si creda.
Il caro giustiziere mascherato non risparmierà certo la dose di denti rotti.
Ogni cosa diventerà un'arma.

Tornando al dibattito morale, nel gioco si fa riferimento tantissime volte al problema rappresentato dalla privacy.
Qui lo strumento rappresentato dal "sistema" è usato dai criminali della città per il proprio tornaconto. Una cosa che a conti fatti può valere anche per la realtà dei giorni d'oggi. Immaginate le informazioni di Google in mano ad una banda di criminali!

Quindi la domanda è sempre la stessa...
Vorremmo avere un "guardiano" che possa essere in qualche modo corrotto?
O per dirla come Giovenale: chi controllerà i controllori?

1984

Sicuramente è il libro più letto dai complottari e loro amici.
No, quello non è un concorrente
del Grande Fratello televisivo.

Se fate un indagine, chiedendo a chi vi si para davanti se pensa di vivere in un regime, questi vi dirà di si.

Poi ci sono quelli che vogliono i bei vecchi regimi di una volta... Ma si sa la madre degli idioti è sempre incinta, quindi andiamo avanti.

L'intero libro è caratterizzato dalla presenza, inquietante e perentoria, del grande fratello, un'entità quasi eterea, una specie di Dio, che controlla ogni cosa...

In realtà non credo che Orwell avesse in mente sistemi informatici alla sua epoca, ma più che altro, voleva rimettere in guardia il mondo dai pericoli dei regimi autoritari, di qualunque bandiera essi siano, perché si sa la gente dimentica facilmente la propria storia.

Quindi il punto focale, checchè se ne dica, non è il controllo fermo e sempre presente fatto dallo stato sui cittadini, ma sul pericolo che un simile potere possa rappresentare se a servizio di un sistema autoritario come appunto quello di 1984.

Fare urlare la gente, insultare il nemico senza pietà.
Chi vi ricorda?

Privacy de che?

Ora, purtroppo per voi, sono costretto a fare alcune considerazioni personali su tutta la storia.

Ritengo che la questione della "privacy" sia una grande e immensa bufala.

A meno che non viviate su di un eremo in Tibet senza nessuna possibilità di contattare il mondo esterno (nel qual caso mi chiedo come tu stia facendo a leggere questo post) nessuno può scappare dalla presenza di un "guardiano" o comunque alla possibilità di essere tracciato, spiato, segnalato e quant'altro.

Non servono microchip impiantati sottocute, il vostro smartphone è lo strumento ideale per qualunque entità abbia deciso di spiarvi.

Lo abbandonate?

C'è una telecamera dietro l'angolo che vi spia, o il telefono di un'altra persona che intercetta la vostra voce.

In poche parole: non avete scampo!

Quindi la questione diventa: come viene usato questo potere da chi ci controlla?

Vi dico la verità, qualsiasi cosa facciano con i nostri dati non potremmo mai saperlo e scandali abbastanza recenti come il "Datagate" non possono a mio avviso che intaccare solo la superficie di ciò che può esserci dietro.

Personalmente io non ho nessun problema a rinunciare a parte della mia cosiddetta "privacy" in cambio della sicurezza che domani un terrorista non salga con una bomba sul mio autobus, o che se un giorno io rimanga disperso in un pozzo o in mezzo ad un ghiacciaio possano ritrovarmi grazie al mio cellulare.

Diffidate da chi pretende la privacy assoluta,
Potrebbe avere qualcosa da nascondere.

Voi cosa ne pensate?

-Mikoski

E' ora di serie tv! - Breaking Bad


L'ondata di gelo che ci sta colpendo ha avuto un effetto contrario su Mr. Geta ragazzi! Mi sono svegliato da un letargo che mi ha tenuto troppo lontano da voi, ma ora sono attivo e pieno di energia!



Molti di voi si chiederanno chi diavolo io sia, ebbene per chi non mi conosca o per chi abbia la memoria corta, invito tutti a visitare la sezione serie tv del nostro fantastico blog! Ma basta convenevoli, per scusarmi della mia assenza ho in mente di recensire una serie tv esplosiva. Ci sentiamo dopo la sigla!







Diciamocelo, Breaking Bad è la serie tv del momento, tutti ne parlano e un numero sempre maggiore di spettatori si sta raccogliendo intorno a questo capolavoro firmato Vince Gilligan. La serie, vincitrice di una caterva di premi, è un vero gioiello per interpretazioni magistrali, accuratezza scientifica, ricerca maniacale della perfezione nei dettagli, riprese straordinarie e colonne sonore da brivido. Se tutto questo non bastasse, lasciatevi dire che il vero segreto del successo di Breaking Bad sta nella mutevolezza dei personaggi, che alla fine della storia vi sembreranno irriconoscibili rispetto all'inizio, complice anche una trama mozzafiato.
L'intuizione geniale di Gilligan è stata quella di non creare una storia incentrata su un protagonista "convenzionale", ma fare in modo che egli potesse diventare l'antagonista. Tranquilli amici non è uno spoiler! Non fermatevi alla palese semantica del termine antagonismo, la bellezza e l'innovazione di Breaking Bad sta proprio nel fatto che gli spettatori sono catapultati nella vita di Walter White, un uomo dai mille volti e dalle mille caratteristiche, che, grazie anche alla magistrale interpretazione di Bryan Cranston, riesce a far scatenare nella mente un turbinìo di sensazioni contrastanti. Vi ritroverete a lottare con voi stessi, in ogni puntata avrete una considerazione diversa del protagonista, cattiva o buona che sia. Questo concept innovativo di dualismo protagonista/antagonista verrà ripreso anche in altre serie tv, esempio lampante l'attualissima "House of Cards", una splendida serie di cui non mancherò di parlare.

Pillole di trama: torniamo a noi, senza dilungarmi troppo vi illustro la trama. Walter White è un timido e riservato professore di chimica di Albuquerque, che vive una vita all'insegna della tranquillità, ma anche del rimpianto. La sua esistenza sarà stravolta dalla scoperta di un tumore ai polmoni, che ha su Walter un effetto molto particolare. Egli infatti, dopo l'incontro con un suo ex alunno alquanto bizzarro, Jesse Pinkman, deciderà di sfruttare le sue doti di brillante chimico per produrre metanfetamina di qualità superiore, così da poter guadagnare abbastanza soldi per permettere alla sua famiglia di vivere una vita agiata dopo la sua eventuale dipartita. Da qui si svilupperà una storia davvero pazzesca, che vi terrà incollati al vostro computer. Lo capirete già dalla inusuale quanto stupenda scena iniziale, che vi catapulterà con forza nel mondo di Breaking Bad.

Diamo un breve sguardo ai personaggi principali! Cari lettori, come sempre mi limiterò a parlarvi dei personaggi che incontrerete all'inizio della vostra avventura, per non privarvi in maniera alcuna della sorpresa di quelli che incontrerete più avanti.


Walter White: di Walter vi ho già detto molte cose, che aggiungere; è il punto focale di tutto, colui che rende questa storia unica, epica. E' un personaggio capace di infondere negli spettatori qualsiasi sensazione, stima, odio, profonda pateticità (sorpresi?), tenerezza, astio e quant'altro. Questo continuo ping pong tra odio e amore ne fa la creatura più brillante della carriera di Bryan Cranston.




Jesse Pinkman: Jesse, ex alunno di Walter, è un tossicodipendente e spacciatore di poco conto, che accetterà la bizzarra richiesta di Walter di mettersi in società con lui. Il rapporto tra i due non è certo dei più rosei, dato l'abisso che vi può essere tra un brillante professore di chimica e un ragazzo di strada. Ma è proprio questo binomio che renderà la loro avventura ricca di emozioni, drammatiche ma anche divertenti. Jesse è soprattutto un ragazzo instabile ed emotivo, che dovrà lottare contro la durezza di una vita che sembra negargli gioia e tranquillità.




Hank Schrader: Hank è il cognato di Walter, ed è un agente della DEA (dipartimento antidroga). Hank è proprio il poliziotto medio statunitense: pancia d'ordinanza, amante dei barbecue e della birra, ma formidabile nel suo lavoro. Inizialmente vi sembrerà solo un'arrogante pallone gonfiato, ma vi stupirà per arguzia e molto altro. E' davvero un personaggio da tenere in forte considerazione. Non vi sembra poi che il suo lavoro strida con la nuova occupazione di suo cognato? Ne vedrete delle belle...








Skyler White: Skyler è la moglie di Walter. E' una donna molto particolare, ed è forse il personaggio che subisce la maggiore evoluzione nel corso della serie. Mi sentirei in colpa anche solo nel darvi degli input su come ciò avvenga, altra ragione per cui vi invito a gustare una serie in cui niente è lasciato al caso, e tutto cambia. Skyler è una donna che proverà una vasta gamma di emozioni, che la plasmeranno in tutti i sensi.






Saul Goodman: sono stato indeciso fino all'ultimo sul fatto di presentarvi o meno questo personaggio, poichè apparirà dalla seconda serie, ma non ho saputo resistere. Cari lettori, quest'uomo è un mito. Saul è un avvocato alquanto stravagante, che nel difendere i suoi clienti applica tattiche astruse ma incredibilmente efficaci. In una serie prettamente drammatica, è senza ombra di dubbio il personaggio più esilarante, che proprio per questo suo modo di fare avrà un contrasto davvero particolare con tutta la storia. Vi colpirà in tutti i sensi; non a caso è stato annunciato dallo stesso Vince Gilligan uno spin-off (se avete pensato: "un che??" Non temete, aprite il link) incentrato su Goodman, "Better Call Saul". 








Consigli per l'uso: come quando Walter invita Jesse a "cucinare" (vedi sopra), io invito voi cari lettori a non perdervi una serie tv epica e piena di sentimento e colpi di scena. Mi sento in dovere di darvi un solo e importante consiglio: la serie è, ovviamente, prettamente drammatica, perciò dopo l'exploit adrenalinico iniziale vi sembrerà pesantuccia, quasi demoralizzante, causa ovviamente il decorso della malattia di Walter e i problemi legati ad essa. Non scoraggiatevi e andate avanti, questi rari buchi di tristezza o sottile noia saranno ben colmati da adrenalina pura, introspezione straordinaria di luoghi e personaggi, inquadrature particolari (fiore all'occhiello del lavoro di Gilligan), ecc. Per convincervi, vi confido che la quinta stagione, l'ultima, l'ho guardata tutta in un giorno. "Don't try this at home" ovvio, io sono un pazzo. Che questo esempio vi sia d'aiuto se siete ancora indecisi.





Con questa divertente scena di Walter e Jesse che si godono Marge Simpson mentre segue le loro orme cucinando dei gustosi cupcake alla metanfetamina, vi do appuntamento alla prossima e vi auguro una splendida visione!

Vi va di cucinare? No? Troppi impicci con la legge avete ragione...Se volete, però, sentitevi liberi di lasciare una vostra opinione! A presto,


-Il vostro Mr. Geta






Surrealismo, Dalì e altre cose strane.

Mi è stato chiesto di esprimere una critica verso il surrealismo e Dalì, per cui eccomi qui (rima non voluta). Premetto che le uniche critiche di cui sono capace sono quelle verso me stesso e che non conosco a fondo l’argomento di cui tratto, per cui perdonate eventuali mancanze… Beh, forse dovrete perdonare l’intero post.
Dunque, Dalì e il surrealismo, non ci metterò molto a dirvi le cose che non mi piacciono, perché in realtà ammiro tantissimo la ricerca portata avanti da questo movimento ed alcune delle opere che preferisco di più in assoluto (non solo d’arte propriamente detta) sono surrealiste. Ma prima di ogni cosa ci conviene soffermarci su cosa è il surrealismo. Da buon ignorante che sono vado su Wikipedia e cerco una definizione, ciò che trovo è tratto dal primo manifesto del movimento surrealista:
“Automatismo psichico puro, attraverso il quale ci si propone di esprimere, con le parole o la scrittura o in altro modo, il reale funzionamento del pensiero. Comando del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.”
Quindi, in poche parole, prendi quello che ti frulla nel cervello e buttalo senza filtri su di una tela, un blocco di marmo, una pellicola o persino un disco. Una cosa forte, emozionante, bella… Ma è veramente possibile effettuare questa operazione? Come fai a trasporre il tuo pensiero su qualcosa di fondamentalmente concreto? Come puoi pensare di rinchiudere quello che deriva dalla tua anima in una confezione fatta di materia? Il fatto stesso dunque di affidare alla lentezza delle proprie mani la creazione di qualcosa che deriva da un fulmineo balzo della propria mente e che nel passaggio subisce una innaturale elaborazione da parte del cervello è di per se indice della fuffa propinata dal movimento. Ma a parte questa critica di fondo, più filosofica che contenutistica, apprezzo lo sforzo esibito dagli artisti nel voler ricreare ciò di cui la mente umana può essere capace nell’ambiente stesso in cui tutto viene concepito… All’interno del proprio Io, cosciente o meno. Allora visto che siamo in argomento, fatemi portare alcuni esempi di surrealismo molto moderno e poco pesante che esprimono a mio parere il lato buono espresso da questo tipo di arte:

Inception

Non è un film surrealista, neanche lontanamente, ma al suo interno troviamo un tema molto caro per chi fa parte del movimento. La creazione della mente. L’intero film si basa sulla capacità per mezzo di determinate tecnologie di entrare nei sogni di persone, creandone elementi, plasmando mondi immaginari e fittizi, all’interno dell’insondabile inconscio portato dal sogno. Immaginate un vero artista il quale possieda uno strumento del genere! Sarebbe veramente un trip con i fiocchi!



Questa è una delle scene più famose del film, la città di Parigi, nella mente di uno dei protagonisti del film, viene arrotolata su se stessa creando un effetto spettacolare, figlio anche della sempre impeccabile fotografia di Nolan. Alcuni (tra cui io) credono che questo film abbia un potenziale enorme inespresso, in quanto l’espediente narrativo offre infinite possibilità per storie incredibili e viaggi mentali senza uguali. Lascio a voi il giudizio se si tratta di un bel film o no.

Silent Hill

Si, un videogioco, avete capito bene. Non è neanche il più surrealista che conosco, ma valeva la pena citarlo. Un luogo, in questo caso una città, che proietta nella realtà gli abissi dell’inconscio umano, che crea per i personaggi che l’attraversano delle ricostruzioni di quella che è l’oscurità incarnata nei loro cuori. I mostri inoltre non sono nient’altro che incubi, menzogne, peccati, presi dalla collina silente e buttati davanti al giocatore, che non li teme in virtù delle loro fattezze (e anche minacciosità a dirla tutta) ma soprattutto perché vengono da te stesso, perché sono mostri plasmati sull’immagine della tua anima.



In questa scena, tratta dal primo capitolo per consolle Playstation, il protagonista entra nell’”Other World”, una specie di realtà parallela, dove tutto ciò che prima ho raccontato, diventa “magicamente” realtà, dove le mostruosità dell’anima, diventano mostruosità dei corpi.

Kid A

Chi mi conosce sa che non riesco a parlare di nulla senza che immancabilmente finisca per citare i Radiohead. E so anche che ho stancato un bel po’ di gente… Per chi non li conoscesse, sono un gruppo musicale di Oxford che iniziò la propria carriera propinando un Brit Pop molto malinconico e che lentamente approdò in una sconcertante elettronica da viaggio mentale. Kid A, è l’album che molti definiscono il loro capolavoro più pregiato e che ancora più definiscono come un tentativo mal riuscito. Ma tra tutta la musica che fino ad ora mi è capitata a tiro, non ho mai trovato nulla di più surrealista che questo album. La voce del cantante ed i suoni vi faranno fare un “viaggio allucinante” tra i meandri oscuri della vostra mente, andando a pescare suggestioni e sensazioni che neanche voi sapete di avere all’interno. Il tutto è farcito di una grande maestria musicale, toni molto cupi, e tanta, tanta, sofferenza. Nonostante tutto questo, a meno di un vostro perverso masochismo, che vi potrebbe spingere a non ascoltare cotanta malinconia, io consiglio caldamente di intraprendere questo viaggio… Alla lunga vi farà capire cosa è al proprio posto e cosa non lo è nella vostra testa. Ho già scritto su questo album, per cui per approfondire: Kid A: Il mostro, il sogno e il futuro.



Dalì e i suoi problemi

Ora vorrei fare una piccola digressione su Dalì e cosa buttare via della sua arte.
Come ogni artista, lui a suo tempo dovette affrontare il problema di guadagnarsi “la pagnotta”. Ora essendo, per citare il grande G. Orwell, un disgustoso essere umano, non poteva evitare di concedersi quei lussi di cui era abituato, per cui creava opere d’arte per il semplice scopo di guadagnare. Che avesse un certo estro creativo è assolutamente in dubbio, ma per poter al meglio pubblicizzare le sue opere non poteva fare a meno di fare il “Dalì” della situazione, esibendosi nelle maniere più assurde, in modo tale da far sempre ricadere su di se le attenzioni del pubblico. Persino il movimento Surrealista prese subito le distanze dalla sua persona! Ma tutto questo non sarebbe un problema se non fosse per il piccolo dettaglio che egli, nelle sue opere è onnipresente, togliendo allo spettatore la possibilità di immedesimarsi nell’opera e eliminando a mio avviso una parte essenziale di ciò che contraddistingue il movimento surrealista stesso. In tutto questo tralascio la sua assoluta inutilità sociale come uomo di cultura e di un certo prestigio. Tirando le somme, posso tranquillamente dire che se Dalì non fosse Dalì, sarebbe indubbiamente un grande artista.


-Mikoski

Alieno

Maxtrot era un esploratore.
Non era pagato molto per fare quel lavoro ingrato, comunque non abbastanza per fronteggiare tutte le insidie che gli si paravano davanti puntualmente in ogni viaggio che intraprendeva.
La sua nave non era neanche completamente adeguata agli standard di sicurezza richiesti dall'unione ed un giorno o l'altro riteneva che si sarebbe dovuto sorbire un verbale con i contro-fiocchi dall'ufficio controlli.
Pensava a tutto questo quando improvvisamente un asteroide non segnalato dal computer di bordo impattò con la sua nave e lo fece uscire dalla curvatura spazio-temporale per finire in un sistema del tutto sconosciuto. Fortunatamente i sistemi di emergenza impostarono automaticamente la rotta verso il pianeta più ospitale nelle vicinanze che permettesse di effettuare le riparazioni.
Quello che ne Maxtrot e ne i sistemi di emergenza sapevano è che quel pianeta fosse abitato, anche da molto tempo a dirla tutta.
Ma quando l'esploratore se ne accorse era troppo tardi, erano già iniziate le procedure di atterraggio standard.
Non successe nulla di speciale, i razzi automatici anti gravitazionali si caricarono di tutto il lavoro sporco, e l'astronave si adagiò in maniera impeccabile sulla sommità di una collina erbosa.
Maxtrot aprì il portellone in maniera solita sapendo dell'atmosfera azoto-ossigeno che gli permetteva la respirazione naturale, tuttavia si guardava intorno furtivo... Non sapeva del livello di civiltà degli indigeni, per cui era sempre meglio rimanere allerta. Si chinò per prendere quello che sembrava una specie vegetale a lui totalmente ignota.
Era bella, dopotutto l'universo riserva sempre delle sorprese...
Mentre tutti questi pensieri vagavano per la mente assorta di Maxtrot, un indigeno era scivolato alle sue spalle e l'aveva colpito con il calcio di un fucile alla nuca.
Il mondo si offuscò e calò l'oscurità attorno a lui.
Quando si risvegliò si trovava in una specie di abitazione fatta di legno, buia, con una sola finestrella sottile che probabilmente dava sull'esterno. La terra sotto di lui era dura e sabbiosa e tutta la stanza puzzava di muffa. Solo una lampada faceva si che l'oscurità non inghiottisse tutto.
Dopo aver ripreso completamente coscienza capì di essere legato mani e piedi con due robuste funi, in bocca aveva una pezza a mo di bavaglio...
Cavolo! Era stato rapito.
Dopo quella che sembrò un eternità entrò da una porta colui che doveva essere l'alieno che lo aveva rapito. Non era molto diverso da lui in fin dei conti... Il volto non era ripugnante come aveva potuto costatare in certi casi, ma queste cose si possono sempre superare con l'abitudine, tutti nella galassia lo sapevano.
La cosa più preoccupante tuttavia che Maxtrot notò nell'alieno, era l'arma che questo gli puntava contro in maniera nervosa.
Sembrava alquanto primitiva e mal messa, con due bocche di fuoco per quelli che dovevano essere proiettili metallici.
Non poteva seguire le procedure sull'approccio a nuovi esseri senzienti della guida galattica. Doveva usare l'istinto per uscire da quella situazione. Provò a parlare.
L'alieno fece una smorfia e lo guardò... Poi si decise a toglierli la pezza dalla bocca.
Riprovò a parlare.
L'alieno gli rispose con una smorfia ancora più assurda.
- Ok, calma Max- pensava tra se - ci sarà un modo per comunicare con quest'essere!-
Si guardò attorno, trovò un legnetto a qualche centimetro da se. Si trascinò verso di esso sotto lo sguardo attento dell'altro, poi lo prese con la bocca e tenendolo tra i denti disegnò sul terreno l'abbozzo di uno schermo.
L'alieno sembrò capire e uscì di corsa dalla stanza.
Tornò dopo altro tempo con tra le mani un qualcosa che non assomigliava proprio ad uno schermo... Era un grosso ammasso di plastica profondo e largo con al centro un vetro scuro. Lo accese e vide delle immagini in movimento. Doveva essere un televisore. L'altro se ne andò, lasciandolo solo a contemplare quella grossa scatola per molto tempo. Guardando la tv, imparò alcune parole basilari, alcuni modi di fare caratteristici, i saluti, la tecnologia. Era un modo primitivo, ma sembrava vario e complesso... Anche se non capiva perché la gente di quel posto avesse tanto interesse per dei coltelli... Un tizio li brandiva spiegandone le proprietà da parecchi minuti.
Poi rientrò l'alieno. Aveva un altro vestito, ugualmente strano, ma sembrava più pulito. Maxtrot doveva cercare di sembrare amichevole:
-Ciao!- Azzardò.
L'alieno sembrò scandalizzato, ma poi cominciò a parlare:
-So cosa siete venuti a fare qui, voi volete colonizzarci. Siete anni che ci spiate, che siete all'interno dei governi, che fate i cerchi nel grano, che ci irrorate con le scie chimiche... Ma ora ti ho catturato ed il mondo deve sapere che la mia non è follia, che gli alieni esistono e ci vogliono uccidere tutti!-
Ovviamente Maxtrot non aveva capito molto del discorso, per cui si limitò a sorridere. La cosa non dovette fare molto piacere all'alieno, perché si volto di scatto e uscì di nuovo dall'unica porta della stanza.
Ricordava quasi tutte le parole, nell'ordine in cui erano state pronunciate, e guardando il televisore per un po, riusci ad arrivare al vero significato di quel discorso.
Per le stelle! Quel tizio era veramente folle! Perché mai avrebbero dovuto attaccare un pianeta innocuo o inserirsi nel loro governo? E poi spiare? Ma se era capitato per caso li! Doveva assolutamente risolvere l'equivoco.
-Non vero è tu quello che dici... Io venire dalla pace, galassia buona, tutti altri buoni!-
-Stai solo cercando di condizionarmi, voi praticate da anni le vostre subdole pratiche psicologiche sui poveri ignoranti delle masse... Ma non su di me! No! Non mi controllerete mai!.-
Si dissero la volta successiva e questi ancora una volta uscì sbattendo la porta furiosamente.
La situazione era peggiore del previsto. Non solo l'alieno era convinto di cose false, ma credeva di essere più furbo degli altri credendole. Forse il resto di quella gente non era così, forse c'era qualche speranza se fosse riuscito a parlare con qualcun altro.
Intanto passavano i giorni, se ne accorgeva dal variare della poca luce che entrava dalle fessure. Non poteva fare a meno di ricordare con nostalgia la fresca aria aperta del suo pianeta, qui invece tutto puzzava, sottoterra come un verme, era costretto a cercare di mangiare degli strani alimenti che lo facevano stare solo male. Aveva bisogno di proteine e di carne, gliel'aveva pure spiegato, mentre l'altro si rifiutava di portargli animali, preferendo strane piante dal sapore orribile. Si stava ammalando e ora tutto quello che cercava di fare era attuare un piano per fuggire. Un giorno, all'ora del pasto, parlò con l'alieno:
-Ascolta, ho bisogno di uscire fuori, mi sto ammalando! Ho bisogno di aria!-
-Balle, voi vivete sottoterra, se ti facessi uscire tu ne approfitteresti per chiamare i tuoi amici del governo e svignartela, così poi potrai comodamente radere al suolo la mia casa e uccidere mia figlia.-
Dunque non era solo, poteva cercare di parlare con sua figlia e vedere come avrebbe reagito. Era vomitevole comunque che questo tizio lo avesse scambiato per un assassino.
All'indomani decise di provare a fuggire.
Aveva trovato il modo di fregarlo pensava, doveva usare in maniera attenta la forchetta che gli dava per consumare il pasto per cercare di forzare il lucchetto che teneva le catene legate. Non era un esperto in queste cose, ma poteva farcela con un po di fortuna, poi sarebbe andato in cerca di qualcuno, senza farsi scoprire... L'idea di tornare alla nave era da escludere, perché in quelle condizioni non avrebbe mai fatto così tanta strada.
Infine venne il momento di agire, quando al pasto successivo l'alieno si presentò con il solito piatto di verdure e la forchetta, appena uscì, Maxtrot si mise ad armeggiare attorno al catenaccio. Dopo dieci minuti riuscì a sbloccare il meccanismo e poté finalmente alzarsi in piedi. Barcollando pensò che aveva all'incirca altri due minuti prima che si presentasse di nuovo il suo aguzzino, allora aprì cautamente la porta e salì le scale verso l'uscio semiaperto che lo sovrastava. Entrò in uno stretto e buio corridoio, arrivando ad una stanza sulla destra...
Lì c'era un altra persona. Era un alieno di genere femminile e doveva essere giovane.
Quando lo vide, lei cominciò ad urlare.
Rimase shockato dalla reazione e rimase fermo qualche secondo, poi sentì i passi nel corridoio dell'altro alieno e capì che la sua fuga era terminata.
Il rapitore entrò nella stanza calciando la porta e brandendo l'arma che gli aveva puntato contro all'inizio gridando:
-Lascia stare mia figlia!-
Maxtrot allora fece per alzare le mani in segno di resa, ma l'altro dovette capir male e premette il grilletto.
Il sangue blu cominciò a sgorgarli dalle ferite provocate dai pallettoni esplosi, ed il dolore arrivò lancinante attraverso il sistema nervoso alla sua testa. Cadde a terra con un tonfo, sbalzato in aria dal contraccolpo. Era ancora lucido, quando l'alieno si avvicinò a lui, squadrandolo dall'alto con la canna del fucile ancora puntata nella sua direzione... Allora Maxtrot raccolse le forze e disse:
-Per favore, portami a rivedere le stelle, ti prego... Le stelle...-
La ragazza nella stanza si impietosì a quelle parole e chiese al padre di voler esaudire quello che doveva essere l'ultimo desiderio di quel viaggiatore dello spazio. Allora mentre la vista cominciava ad annebbiarsi, il rapitore lo prese tra le bracia e lo portò fuori, dove la notte stellata illuminava le terre circostanti.
-La nave... Ti prego, la nave...- biascicò Maxtrot. Allora la ragazza disse al padre di fare così, mentre lui si mostrava riluttante. Alla fine lo portò nei pressi della navicella schiantata. A quel punto Maxtrot era consapevole di poter attivare i comandi mentali della nave, e decise così di inviare un messaggio ai suoi, questo diceva presso a poco così:

"Qui parla Esploratore Maxtrot 2076836, trovato nuovo pianeta con forme di vita.
Queste sono ostili e pericolose, armamento pesante, odio razziale, non adatte a pace galattica.
Si raccomanda caldamente distruzione pianeta per estinzione razza.
Non mandate nave di soccorso, le mie condizioni sono critiche, fate sapere a mia moglie che avevo un'altra famiglia su Koinos. Chiudo."

Infine prima di chiudere gli occhi, pensò che aveva un po esagerato con quel messaggio, in fin dei conti cos'era quel pianeta chiamato "Terra" se non un'accozzaglia di stupidi ed innoqui alieni?






Darkman di Sam Raimi

È arrivato il momento, il momento di recensire un film di supereroi, un cinefumetto… che però non viene da un fumetto!

Oggi vi consiglio Darkman un film del 1990 scritto e diretto da Sam Raimi (quello dei tre Spiderman, per intenderci) e coronato dalle inconfondibili musiche di Danny Elfman.



Lo scienziato Peyton Westlake (Liam Neeson) sta svolgendo degli esperimenti su una pelle sintetica che però ha il difetto di durare solo 99 minuti. La sua compagna Julie Hastings (Frances McDormand) rinviene un documento che prova che il costruttore Louis Strack (Colin Friels) ha accordi criminosi con la malavita della città. Infatti è in affari con Robert G. Durant (Larry Drake), un sadico lord del crimine che con la sua spietata banda di criminali fa esplodere il laboratorio di Peyton credendo di ucciderlo. Invece viene ritrovato sulla riva del fiume sfigurato dalle ustioni profonde senza essere riconosciuto. Da qui si muove il suo cammino con unico fine la vendetta.

Il protagonista, mosso da una rabbia che non riesce a controllare, agisce d’istinto e, senza troppi scrupoli, si ritrova ad uccidere molte vite umane. Tutto questo era impensabile per Peyton, onesto cittadino, ambizioso scienziato innamorato di Julie.

Mano sintetizzata (sinistra), mano ustionata (destra) animate in stop motion

Fin qui nulla di nuovo e allora perchè consigliare questa pellicola?

Ovviamente per come è trattata la vicenda. Mi spiego meglio: il supereroe è di per sè una figura che è frutto di immaginazione e non si può pretendere che lo si accolga in maniera realista ma chiede uno sforzo di fantasia.

Il film non si prende mai sul serio, sono soventi battute di humor nero (di cui io sono un grande amante) e capitano vicende alquanto bizzare alle quali non servono troppe spiegazioni e lo spettatore, se perspicace, non se le deve nemmeno aspettare.

Il villain della storia non è un uomo dai poteri divini, ma un imprenditore mafioso che è una figura più che terrena.

Strack: "Io distruggo per costruire qualcosa di migliore. Tu invece sei un uomo che distrugge solo per vendetta."



Sorprendono le scene di follia caratterizzate da inquadrature sghembe, filtri e montaggio frenetico che intuiscono alla perfezione la crisi nervosa di Peyton.

-Boris

Origin of Symmetry - L'origine dei Muse

Da sinistra, Dom Howard (Batteria), Chris Wolstenholme (Basso)
e Matt Bellamy (Chitarra e Voce)

Alzi la mano chi non conosce i Muse.

Credo che nessuno possa dire di aver compiuto tale gesto.

I Muse sono il fenomeno Rock del decennio passato, nessuno può dire il contrario. Poi è certo che ognuno ha le sue opinioni circa quale contributo possano aver dato alla moderna generazione musicale e su quanto bene abbiano fatto con i loro innumerevoli brani diventati immediatamente hit. Personalmente non me ne frega nulla, loro sono già leggenda. Se ci fate caso, è come se loro fossero sempre esistiti, tipo quando si parla dei Red Hot Chilli Peppers o degli U2, ormai sono imprescindibili, parte essenziale della musica contemporanea... Eppure c'era un tempo in cui venivano additati come copioni, come band da quattro soldi capaci di un solo brano da alta classifica e più niente, fulgore tempestoso nel mare di british alternative a cavallo tra anni 90 e 2000...
Parliamoci chiaro, chi conosce questa band a fondo, sa che Showbiz, il loro primo album è un lavoro acerbo e poco originale, anche se a tratti creativo.
Allora quando possiamo parlare seriamente di Muse?

Dall' uscita di Origin of Symmetry ovviamente.

Non è il loro miglior lavoro, questo è sicuro, poiché Absolution è ciò che si può definire la quintessenza del Rock e niente di meglio credo io abbia visto in quel genere fino ad ora. Ma chi volesse davvero capire i Muse, sprofondare nella loro enigmatica arte, prendere la loro anima e assaporarne concretamente l'essenza, non può prescindere da questo album.
E allora parliamone.


Parafrasando quel poeta famoso li, OoS, è selvaggio, aspro e forte.
Selvaggio perché è incredibilmente autentico e primitivo. Tutto ciò che è ricercato nei suoni, non ha frivolezza estetica, ma trascende il concetto di "canzone" ed entra nel vivo del suono.
Aspro per le chitarre stridenti che fanno eco alla voce gridata ma mai stancante di Matt Bellamy, onde futuristiche di una crudezza esasperante, un progressive molto duro, oserei dire nudo.
Forte perché ha lo stesso effetto di un secchio d'acqua fredda al risveglio.



I testi sono criptici ed enigmatici ma ti rimangono scolpiti nella testa e ti danno l'idea di un futuro terrificante, popolato da persone oppresse e senza speranza, un futurismo orrido che arriva al cuore, che pompa più forte sangue quando senti capolavori come New Born. Questa è l'ingresso dei sogni, un carillon inquietante che ti fa ritornare alla culla e rinascere, quando senti quel potente tripudio di suoni che parte al suo termine. Poi Bliss e il suo sintetizzatore futuristico che sale e scende e continua l'album su Space Dementia, che si riferisce allo spaesamento subito dagli astronauti nelle loro missioni. Una atmosfera da 2001 Odissea nello Spazio, con il pianoforte dalle note classiche che Bellamy tanto ama e la sua voce straziante che prova a volteggiare nel vuoto. Parlare di ogni canzone in maniera esaustiva è impossibile per cui cercherò di mettere in risalto quei tratti dell'album che più mi hanno steso a terra e fritto il cervello.
Come precedentemente detto, il futuro di cui parlano i Muse è una spassionata critica di ciò di cui oggi prepotentemente si cerca di non parlare. Una canzone su tutte che rappresenta questo tema è Screenager, gioco di parole che evoca la nostra generazione, forse la prima ad essere nata con gli occhi su uno schermo... L'alienazione che ogni individuo si porta dietro vivendo perennemente con la nuova tecnologia. Sono tutti questi temi molto cari alla band inglese, che dipinge più ombre che luci quando si tratta di parlare dell'avvenire, pensate a cosa sarebbe Resistance senza un po di sano complottismo! Come non citare Plug in Baby, singolo molto amato da... Chiunque. La sua interpretazione tuttavia è criptica, così tanto che questa è stata la risposta del cantante alla richiesta di significato:
It's- It's all random, it just comes out- I mean, it's random, I've got no idea what I'm singing about at all, sorry. It's just like- It's just kind of like, write a few chords and that, and then just... improvise a few words, and just hope it means something. It does mean something! Trust me. But I can't work it out myself. 'Cause I'm subjective, you see. So I can't actually quite work it out, that's for you lot to work out.
E 'tutta casuale, è solo venuta fuori ... Voglio dire, è a caso, non ho idea di cosa sto cantando a tutti, mi dispiace, è come scrivere un paio di accordi e poi basta ... Improvvisare alcune parole e sperare che significhino qualcosa. Però significa qualcosa! Fidati di me. Ma non ci posso arrivare da solo. Perchè sono un tipo soggettivo, si vede. Quindi non posso proprio farcela da me, dovete arrivarci da soli.

Un tipo con le idee chiare per dirla tutta.
C'è poi Feeling Good, la milionesima cover (e la più bella) che ci sta una meraviglia in quest'album, insieme all'immancabile megafono... E ancora la mitica Citizen Erased, la mia preferita.
Su questa canzone potrei parlare all'infinito, è il vero pezzo forte dell'album, sette minuti di puro godimento e nient'altro. Atmosfera cyberpunk, suono perfetto, schema inusuale, da accostare al capolavoro Paranoid Android dei Radiohead, a mio parere è la canzone più sottovalutata della storia e chi è fan dei Muse non mi può che dare ragione. Come infine non citare Micro Cuts e la voce di Matt che letteralmente ti taglia a fettine con quei suoi urli impossibili o Megalomania, il cui testo è a dir poco oscuro e la melodia ancor di più.


Tirando le somme, l'Origine della Simmetria, titolo ispirato ad una teoria scientifica, una di quelle nerdate che hanno sempre contorto la mente di quel bricconcello di Bellamy, è un album eccentrico e per questo da lodare. Non si perde mai in suoni e temi scontati come forse accadeva in Showbiz e in misura minore in Black Holes and Revelation. Era il lontano 2001 quando venne pubblicato, agli albori della nostra vera e propria era digitale, ma la sua attualità e ancora oggi sconcertante e credo rimarrà tale per lungo tempo.
Non potete dire di amare i Muse se non vi siete iniettati nelle vene l'intero disco per cui abusatene quando vi pare, questa è la vera droga che non ha mai fatto male a nessuno... E posso affermare senza remore che quel terzetto sta alla musica come Heisenberg sta alla metanfetamina.
Amen