Oggi vi consiglio 1997: Fuga da New York (Escape from New York) film del 1981 diretto da John Carpenter e interpretato da Kurt Russel, Lee Van Cleef, Ernest Borgnine.
Siamo nel futuro, ben trent’anni dopo la data di uscita del film, e l’Air Force One viene dirottato e si schianta al suolo a Manhattan, diventata una prigione a cielo aperto. Jena Plissken (in realtà Snake Plissken, per il vistoso tatuaggio sugli addominali… Che ci vogliamo fare? Dannata traduzione italiana) è costretto a salvare in 24 ore il presidente degli Stati Uniti perchè possiede una cassetta con delle importanti scoperte scientifiche da comunicare in conferenza internazionele, che daranno una svolta nella guerra contro le grandi potenze mondiali.
Prima grande invenzione è quella di trasformare Manhattan, fulcro della ricchezza e libertà in un carcere di alta sicurezza dalla quale è impossibile (o quasi) fuggirne (forse il regista ci sta suggerendo che in realtà già nell’allora presente l’isola newyorkese era piena di criminali?).
La pellicola vive soprattutto del protagonista che rimarrà indelebile nella vostra memoria. Insolente verso i superiori, sprezzante del pericolo, insomma, tutti i caratteri fondamentali dei forzuti personaggi principali dei film muscolari e fascisti che spopolavano a quel tempo in america. A differenza che stavolta Snake, pur essendo gretto, ha una moralità superiore rispetto a chi lo governa.
SNAKE: "L’abbiamo tirata fuori e tanta gente è crepata in questa azione. Che cosa prova nei loro riguardi?"
PRESIDENTE: "Be’ io… Voglio ringraziarli. La nazione è grata per il loro sacrificio. Senta, io vado in onda tra due minuti e mezzo.
Plissken non possiede il minimo interesse a salvare il presidente o recuperare la cassetta e tanto meno fargli vincere “la loro dannata guerra”.
Sappiate che Carpenter è un regista che inserisce sempre qualcosa di politico nei suoi film e per questo è stato allontanato dal mondo di Hollywood. Girato con quattro soldi e la regia è decisamente statica (dolly molto lenti, campi totali, montaggio pacato). Praticamente il contrario dei film di oggi dove l'azione viene creata col montaggio.
La pellicola è un cult sotto ogni punto di vista. Oltre ad aver creato un filone infinito di film “Fuga da…”, viene citato in numerosi film e videogiochi (piccola chicca per i gamers che seguono questo blog; per scoprirle spulciatevi wikipedia).
Ben ritrovati a tutti!! Perdonate la mia breve assenza, ma il mondo e Obama avevano bisogno di me...No un attimo, forse era solo per via di quisquilie come gli esami universitari, ma va bene lo stesso!
Bando alle ciance, oggi voglio parlarvi di una sitcom sulla quale mi era stato chiesto di esprimere un parere, una tra le più celebri dell'ultimo decennio: How I Met Your Mother. Godetevi la sigla, si comincia!
Potrei giocarmi i cosiddetti affermando che chiunque legga questo post abbia visto almeno una puntata di questa sitcom che va in onda dal 2005 negli USA, e che proprio in questo mese si appresta a concludersi negli stessi: il 31 Marzo infatti verranno trasmesse le ultime due puntate. Credo che chi come me abbia seguito le vicende di Ted and company sin dalla messa in onda in Italia, condividerà da una parte l'inevitabile senso di smarrimento da "conclusione di una serie tv", ma dall'altra sarà felice di constatare come gli autori abbiano avuto buon giudizio nel fermarsi alla nona stagione (NOVE stagioni, mica noccioline giustamente).
A tutti coloro che vorranno iniziare a vedere questa sitcom, non spaventatevi! Ogni puntata volerà via portandosi dietro il fragore delle vostre risate, garantito! E in men che non si dica ne divorerete intere stagioni.
La brillante idea di creare HIMYM venne un giorno a Craig Thomas e Carter Bays, che decisero di buttar giù un progetto ispirato alle loro avventure cittadine, ricalcando nella creazione dei personaggi la loro profonda amicizia.
La trama è semplice ed efficace: siamo nel 2030, la voce narrante di un Ted (il protagonista) ormai padre di famiglia, decide di raccontare ai figli di come ha conosciuto la loro madre..Apriti cielo!
Le vicende da lui narrate inizieranno nel 2005, quando Ted deciderà di intraprendere una estenuante ricerca della perfetta anima gemella, affiancato dai suoi immancabili amici: gli innamoratissimi Marshall Eriksen e Lily Aldrin e il donnaiolo e stravagante Barney Stinson (idolo). A completare il quadretto ci penserà la giornalista Robin Scherbatsky, conosciuta da Ted già dalla prima puntata al pub MacLaren's, luogo di ritrovo dei cinque amici nel corso di tutta la serie.
Ted Mosby: Ted è un giovane architetto di New York, che coltiva il sogno di riuscire un giorno a veder edificato un suo palazzo nella Grande Mela (nonché naturalmente quello di trovare la ragazza perfetta). Oltre a riempire i suoi discorsi con strambi aneddoti sull'architettura, ha una miriade di improbabili passioni; è un ragazzo molto romantico (forse troppo, come scoprirete) e quasi all'antica (non solo nelle situazioni amorose).
Marshall Eriksen: è amico di Ted sin dai tempi del college e studia per diventare avvocato; è fidanzato con Lily da tempo immemore, suo unico amore. E' il tipico omaccione del Minnesota (cosa?!?), un gigante buono, sempre gentile e pronto a trovare il meglio in ogni persona. Il suo sogno è quello di diventare un'avvocato ambientalista. E' un grande fan del soprannaturale, e spera un giorno di riuscire a scovare Big Foot.
Lily Aldrin: Lily e Marshall si sono conosciuti il primo giorno di college, e stanno insieme da allora. Lily è piccola di corporatura, ma sa farsi rispettare e spesso sembra portare lei i pantaloni. E' un generale quando serve, ma sa essere anche dolce e amorevole; ha una grande passione per la pittura, che la porterà a compiere determinate scelte (non posso dirvi altro).
Robin Scherbatsky: Robin è l'ultima, cronologicamente, a unirsi al gruppo: è una reporter canadese, con il sogno di diventare una giornalista affermata. E' una ragazza fuori dagli schemi, forse perché il padre l'ha sempre cresciuta come un maschio, infatti ama lo scotch e sparare al poligono. Scoprirete altre cose su di lei nella prima puntata, perché rovinarvi la sorpresa?
Barney Stinson: non preoccupatevi, non mi ero scordato di lui!! Vi ho riservato il piatto forte alla fine! Che dire di Barney, quello che potrò esporvi sarà solo un assaggio, il resto dovrete gustarlo voi. Barney è un personaggio dirompente, conosciuto da Ted al MacLaren's pub. E' ricco e indossa sempre un'abito (ha anche un pigiama a forma di abito), e il suo lavoro rimane ignoto per lungo tempo. L'unica cosa certa è che lavora per una multinazionale, la Goliath National Bank. E' un donnaiolo, e una delle colonne portanti della serie è proprio questo suo aspetto, poiché saranno infinite le gag sui suoi metodi di rimorchio, tutti raccolti nel famosissimo "Playbook", che custodisce gelosamente. Famosissimo diverrà anche il "The Bro Code", il codice dei fratelli, che contiene una serie di strampalati precetti da seguire tra fratelli non consanguinei (tra amici per intendersi). Tra le sue mille caratteristiche (troppe da descrivere) è anche un abile prestigiatore.
Mi sono davvero dovuto limitare nella descrizione dei personaggi, perché HIMYM è una serie ricchissima di sfaccettature e di caratterizzazioni di ognuno di loro, ma, come sapete, il mio obiettivo è quello di infondere un pizzico di curiosità, per non negarvi neanche un minuto di sorpresa e divertimento.
Se per caso aveste già visto Friends, non potranno sfuggirvi delle grandi somiglianze tra i personaggi delle due sitcom; somiglianze che mi preme approfondire, ma non in questa sede. C'è da fare un gran bel discorso su Friends, definita da molti la madre di tutte le sitcom, e quanto prima verrete accontentati!
Un'esplosione di risate! HIMYM è una serie esplosiva in tutti i sensi: è colma di citazioni e riferimenti, in particolar modo si fa spesso riferimento ad un grande classico della fantascienza, Star Wars. La serie è diventata inevitabilmente un fenomeno virale, tanto che molti dei siti di fantasia citati in essa sono stati realizzati ed esistono davvero, come ad esempio il blog di Barney! Vi riporto il link http://www.barneystinsonblog.com/
Anche l'editoria ha risentito di questa ondata, tanto che il "The Bro Code" è stato realmente pubblicato.
Questo fenomeno, virale e non, è chiamato, in gergo, tie-in.
Attenti al lupo: in questa giungla nera di nome Internet, vi è un grande pericolo miei avventurieri...State sempre attenti a quella bestia feroce di nome SPOILER. Infatti la rete è tappezzata ovunque di foto della moglie di Ted, ovunque! Se non volete rovinarvi la sorpresa, e mandare a cagare fior di stagioni, vi converrà tenere sempre gli occhi aperti, stando attenti a dove cliccate!
In ultimo, l'unico consiglio che mi sento di darvi per la visione di HIMYM è quello di spassarvela; e attenti alla dipendenza, ci si affeziona subito ai magnifici cinque! A voi le considerazioni, vi aspetto!
Vi lascio con questa scena dove Barney espone il suo "curriculum", per farvelo conoscere fin da subito! Un grande saluto e, mi raccomando, alla prossima!
Ho deciso di scrivere questo post sulle donne, senza un vero particolare motivo, in effetti avrei potuto farlo l'8 Marzo, ma sarebbe stato senza ombra di dubbio troppo mainstream.
Le donne, diciamoci la verità, sono l'unica cosa per cui vale veramente la pena rimanere in questo lurido sputo di universo.
Già... sarebbe troppo banale parlare di quanto bene facciano all‘attività celebrale di noi uomini, per l'inventiva che ci debbono far utilizzare ogni singolo giorno per tentare di rimanere al loro passo o cercare eventualmente di conquistarle.
No, semplicemente ci permettono di vivere.
Parlarci, conoscerle o semplicemente guardarle, sono azioni di grande banalità, tali che non prestiamo mai caso a quanto tristi diventano le nostre giornate quando questi gesti non avvengono e ripeto, non parlo solo di quando si è innamorati o semplicemente invaghiti, mi riferisco ad ogni azione verso ogni donna.
Non fraintendetemi, loro possono essere crudeli e spietate come un boss del narcotraffico colombiano, quando vogliono, ma é una deviazione naturale che tendono ad assumere.
Credo sia un difesa psicologica per chi le donne alla fin fine non le ha capite... Cioè il resto del mondo.
Questo non cambia nulla.
L'essere donna deve sempre essere un privilegio e gli uomini devono impegnare ogni singolo attimo del loro tempo affinché ciò rimanga vero.
Non parlo di servilismo (i tappeti le donne li vogliono solo come ornamento domestico) ma di un trattamento di favore incondizionato, di avere sempre parole buone, di saperle prendere così come sono, senza avere la presunzione di poterle controllare o peggio usare, perché questo è un talento che solo loro possiedono.
Loro sono sempre belle e nel profondo dell'animo, anche quelle con meno autostima, lo sanno.
Sono belle perché vivono, spendono intensamente ogni singolo istante della loro esistenza, pensando, decidendo, rimuginando, dando importanza e infinite sfumature, a gesti, avvenimenti e azioni che noi il più delle volte non riusciamo neanche a notare... Possiamo solo tentare di rimanere sulla loro scia, il più delle volte arrancando.
La loro visione del mondo è nitida e chiara, come quella di un cecchino russo appostato su di un altura. Noi al massimo siamo un bambino che guarda attraverso un cannocchiale dal lato sbagliato.
Sembra strano dopo quello che vi ho detto, ma una volta ero misogino.
Facevo e qualche volta faccio ancora riferimento a delusioni, che a dirla tutta, ogni uomo ha avuto nella sua vita.
Si pensa al fatto che ogni ragazza possa essere imbrigliata in una serie interminabili di stereotipi e luoghi comuni maschili, di categorie di bellezza accessibili e non, di comportamenti aventi un senso supposto e di avventure precedenti sulla base dei quali si pensa di poter giudicare.
Ero uno stupido.
Voglio ora strafare con una metafora.
Un donna non é un esercizio di matematica, con una soluzione. É un problema filosofico, che nessun pensatore é in grado di afferrare.
Allora grazie ragazze, per ogni volta che vi siete solamente fatte guardare o rivolgere la parola. Grazie per essere esistite. Grazie per aver dato in fondo, un motivo per vivere questa vita e cercate di perdonare tutte le banalità che ho detto.
Ebbene si, dopo aver macchiato con il mio inutile blaterare un capolavoro assoluto come Kid A, torno a scrivere di musica per parlarvi di un altro album che, vi dirò da subito, non ritengo geniale e assolutamente perfetto come il precedente, ma che con i suoi suoni e la sua bellezza ha ugualmente segnato la mia intera giovinezza, accompagnandomi in molte delle mie traversate in pullman o in treno.
Quindi ecco a voi signori e signore, Viva la Vida.
Già riguardo al nome dell'album ci sono una miriade di cose da dire. Come avrete potuto notare, ho inserito nel titolo del post il nome completo, che tradotto suona come:
"Viva la vita o la morte e tutti i suoi amici"
Il che è essenzialmente programmatico. Cioè ti spiega che le canzoni che stai per ascoltare, non parlano solo della vita e della morte, ma che ognuna di esse può essere intesa con entrambe le filosofie, a seconda che tu preferisca parlare della vita o della morte, o magari degli "amici della morte". Insomma, questo è un album pretenzioso, dove i Coldplay ci mettono tutto, ritornando a suoni intimi, senza tralasciare la maestosità che si presta bene ad un disco con un titolo del genere.
L'alfa e l'omega, il principio e la fine, la vita e la morte.
Le premesse sono incredibili.
Si rende comunque necessaria a questo punto una piccola digressione sulla genesi di questo album. Innanzi tutto, la dentro non c'è solo lo zampino dei Coldplay. Brian Eno, noto produttore (vedi U2), Phil Harvey (praticamente il quinto membro della band) ed altri collaboratori li hanno aiutato a mettere su, quella che molti a suo tempo hanno definito una commercialata bella e buona. Costoro credo abbiano trascurato che, in fondo, i Coldplay hanno sempre cercato e voluto il successo, come qualsiasi band british-pop emergente.Il fatto che i primi due dischi, Parachutes e A Rush of Blood to the Head (album a cui mi sono ispirato per il titolo di questo blog) non abbiano avuto una risonanza così ampia, non cambia l'anima commerciale che queste opere possiedono. Ma attenzione! Il voler guadagnare non significa fare prodotti finti e su misura per il mercato, questo è infatti a mio avviso, il loro lavoro più personale, dove ci hanno buttato dentro vera passione, raggiungendo un apice che, secondo la mia opinione, non toccheranno mai più (spero comunque di sbagliarmi!).
Un accenno anche alla copertina è d'obbligo. "La libertà che guida il popolo" di Eugene Delacroix è sempre stato uno dei miei quadri preferiti... Non ne ho mai capito il motivo in realtà. Comunque si intona con il famossissimo brano Viva la Vida, per ragioni che vi dirò in seguito.
Premendo il tasto play, si comincia con la strumentale "Life in Technicolor", introdotta da una bellissima composizione di Jon Hopkins (La versione completa si chiama Light Trough the Veins), molto soffusa, quasi una specie di grembo materno prima del parto, prima della vita, una vita a colori... Questa canzone è poi stata utilizzata come base per il singolo Life in Techinicolor II, che a mio parere è una delle canzoni più emozionanti di sempre (De gustibus).
Ma quando la gioia immensa che esprimono i suoni di LIT ti ha pervaso, c'è il cambio che non ti aspetti con il ritmo serrato dettato da "Cemiteries of London", una specie di country rock alla inglese, una ballata dedicata ad una città affascinante e misteriosa, probabilmente del periodo dei miti di Sherlock Holmes e Jack lo Squartatore. Si nota subito il contrasto presente in tutto l'album: vita e poi cimiteri.
Finito il brano, vieni letteralmente gettato nella spirale di suoni di "Lost!" Un'immersione totale, una canzone che ti da forza, ti rialza e ti fa cantare: "Il fatto che sto perdendo, non significa che sia perso!". Testo che richiama un'altra grande canzone dei Coldplay sul tema, "Everything's not lost" e che con l'organo si impregna di spiritualità. Non per niente è stato registrato in una chiesa.
Si continua con "42"... Vi chiederete il perché del titolo ora. La risposta si trova nel libro di Douglas Adams "Guida Galattica per Autostoppisti"; 42 è infatti la "risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto". Non ci avete capito una mazza eh? Bene, andate a leggere questo meraviglioso libro e poi ne riparleremo (forse ci scappa una recensione). Il brano comincia con quel velo di malinconia che permea quasi ogni canzone di questa band e finisce in un tripudio di chitarre e rock moderno. Ancora una volta dalla morte alla vita, dal buio alla rinascita.
Il quinto brano è "Lovers in Japan", un singolo che affascina per il suo mix di suoni e per il testo molto evocativo. Non è di certo uno dei migliori brani partoriti da Chris Martin e Co., eppure la chitarra alla fine mi ha sempre fatto venire i brividi. A questo brano è inoltre associata la sidetrack "Reign of Love" una smielata composizione che ti fa venire il diabete dopo 10 secondi... Forse è la parte peggiore di tutto l'album, insieme alla successiva "Yes", dove Chris canta con una voce un po rauca che non gli appartiene minimamente e che finisce con lo stancare dopo tre secondi. Inoltre le sonorità troppo orientali stonano a mio parere con il complesso album. Anche questo brano contiene una sidetrack, "Chinese Sleep Chant", a mio avviso uno degli esperimenti più riusciti dei Coldplay. Un clima etereo echeggiante di chitarre dai suoni mistici, un falsetto che ci sta una meraviglia e un ritmo azzeccato dimostrano che questi tizi inglesi sanno fare anche musica e non solo canzoni per ragazzine.
E adesso arriva lei, Viva la Vida.
Chi non ha mai ascoltato, cantato, o solo fischiettato questo brano? Nessuno. E dico sul serio. Questa è una di quelle canzoni che sono tormentoni già prima di vedere la luce e dico io, meritatamente. Come si fa a non essere trascinati dall'epicità dei suoni, dal testo misterioso ma al tempo stesso chiaro? Come si fa a non buttarsi a capofitto nel ritmo scandito da campane, dove viene mescolato, un re francese in declino e Gesù riuscendo a farti fare sempre quel mezzo coro da stadio alla fine? Non è la mia canzone preferita dei Coldplay, neanche nella top five a dirla tutta, ma semplicemente non si può non amarla. Arrivato a questo punto dell'album, dopo aver sentito per la millionesima volta VlV, non ti aspetti più nulla... Come quando hai visto un film dove sai a che punto c'è la tua scena preferita e guardi il resto in maniera distaccata.
E qui i Coldplay ti srprendono con "Violet Hill". L'unica canzone di protesta mai scritta dai Coldplay, sempre al di fuori di politica e non, e dico che è un peccato, perché forse questo è il brano migliore di tutto l'album. A mio parere non esistono parole per indicare cosa provo udendo questa marcia rock potente e emozionante.
A seguire troviamo Strawberry Swing, canzone di una dolcezza in descrivibile che a differenza di altri brani non stona e ti ricorda un po quella atmosfera di Parachutes... Il video poi è uno dei più belli mai realizzati.
Conclude tutto "Death and All His Friends", canzone sconosciuta ai più, che invece merita tanto, per poeticità e utilizzo dei suoni. Da notare infine che l'album termina come è iniziato, ovvero con le stesse note di Lfe in Technicolor, quasi in un ciclo eterno, proprio come la vita e la morte.
Viene ora il turno delle considerazioni generali.
Viva la Vida è un album a tutto tondo, una svolta, un segno indelebile. Visto come opera a se stante è un bel lavoro, un album che ti porta a spasso tra quotidianità e bellezza, che ti dona sorrisi e lacrime, che ti fa assaporare quella delicatezza per cui i Coldplay vecchio stile sono sempre stati riconosciuti. Già, "vecchio stile". Siamo prossimi all'uscita di una nuova opera targata "Giocofreddo" e la storia non mi piace affatto. Mylo Xyloto è stato "bello", ma fine a se stesso. Un para-para-paradise da cantare in macchina con gli amici, un disco per la radio, ma niente di più. Ora i nostri amici inglesi scoprono quell'elettronica che ora va tanto di moda, ma che non ha nulla a che fare con la sperimentazione dei Radiohead di cui ho parlato precedentemente. Spero con tutto il cuore di aver preso un granchio e di dovermi rimangiare tutto. fatto sta che da un po di tempo a questa parte, guardo VlV in maniera nostalgica... Come il canto di un cigno meraviglioso, che lentamente muore nel lago del pop.
Per Approfondire:
Di live ce ne sono a bizzeffe e non starò qui ad elencarli. Per completare il discorso non potete prescindere dall'ascoltare anche l'EP Prospekts March, che contiene tanta bella roba e che vale veramente la pena di ascoltare.
Era una serata noiosa come tante, la sera del 6 Marzo del lontano 2005...Le dita di un piccolo (leggero eufemismo, era già alto 1.80) e intraprendente Mr. Geta erano impegnate in un forsennato zapping alla ricerca di una qualsiasi cagata che lo tenesse impegnato quel tanto che sarebbe bastato per riuscire a prendere sonno... E fu allora che avvenne il miracolo
Su una rete nazionale infatti quel giorno iniziò la serie televisiva che mi avrebbe trascinato in questo mondo fantastico, letteralmente il mio primo amore: LOST. Proprio per questo ho deciso di cominciare dalla suddetta, sperando che sia nuovamente di buon auspicio. Ci rivediamo subito dopo la sigla!
Rieccoci! Senza ulteriori indugi, direi di cominciare..Cari lettori, siete amanti dei colpi di scena e degli interrogativi spaccacervello? Lost è la serie tv che fa per voi; il genio indiscutibile di J.J. Abrams l'ha resa non a caso una delle serie cult degli ultimi anni, osannata dalla gran parte della critica.
La trama iniziale è molto molto semplice (sottolineo iniziale): un aereo di linea si schianta su un'isola, e coloro che sono miracolosamente sopravvissuti, cercheranno di creare un ambiente volto a campare quel tanto che basta per l'arrivo dei soccorsi..La convivenza creerà non pochi problemi, a cui si aggiungeranno fatti inspiegabili, nonchè un ginepraio di intrecci che diverranno sempre più intricati. Lost è una serie che spazia dall'avventura alla più profonda introspezione dell'animo umano, scavando nei più profondi e cupi meandri della psiche, nonchè un pilastro della fantascienza dell'ultimo decennio in ambito di serie televisive.
Ma quali sono i punti di forza della serie? Innumerevoli: la struttura stessa di ogni episodio è un vero e proprio "scheletro", che ingloba in sè sia la scia narrativa della vita sull'isola sia la descrizione di ogni personaggio principale. E' doveroso sottolineare che la serie consta di un folto numero di personaggi "principali", che interagiscono col l'iter narrativo di tutto l'ambaradan. Affinchè ciò sia possibile viene utilizzato l'espediente dei flashback; anche questi ultimi, dapprima schematici e introduttivi, diverranno poi sempre più intricati e mutevoli. La doppia struttura di ogni episodio diverrà un must, come anche la breve introduzione prima della sigla, espediente che diverrà spunto per altre serie tv.
Ma Lost non sarebbe stato Lost senza i suoi personaggi.Per problemi logistici (come vi ho accennato poc'anzi i personaggi cardine sono veramente parecchi) mi limiterò a descrivere solo i "superpersonaggi", chiamiamoli così...Il resto della ciurmaglia scopritela voi!
Jack Shephard: quel mattacchione di Abrams ci fa già capire dal nome (come praticamente in tutte le sue creazioni, non solo in Lost) che è lui l'alfa e l'omega (Shepherd = pastore); Jack è un cazzutissimo neurochirurgo che, quasi inevitabilmente, si troverà a prendere le redini di una moltitudine di anime sbandate dal trauma subìto. Come scoprirà presto, la vita del leader non è mai una passeggiata... Non aspettatevi naturalmente il solito portabandiera sempre col vento in poppa: il personaggio, come tutto e tutti in Lost, è soggetto ad un continuo divenire.
Kate Austen: ed eccola lei, l'immancabile ragazza bella ma austera, la donna con gli attributi, una vera e propria volpe del deserto... Il suo carattere vi prenderà fin da subito, nonché la sua storia personale, in cui si celano non poche sorprese.
James"Sawyer" Ford: Egli è il classico spaccone opportunista e antisociale, che inizialmente creerà non pochi problemi all'interno del gruppo; non prendete però troppo seriamente gli aggettivi con cui l'ho descritto, è infatti a mio parere uno dei personaggi più interessanti dell'intera storia, quello che sicuramente riuscirà a farvi cambiare opinione su di lui innumerevoli volte... E poi ha il fascino del tipo da spiaggia.
Sayid Jarrah: è un militare iracheno, esperto di telecomunicazioni e spionaggio. Solo questo basterebbe a farvi capire il grado di bastardaggine di costui. E' avventuriero, intraprendente, e la sua destrezza e freddezza nelle azioni e nelle decisioni è sconcertante: è la fusione tra MacGyver e Chuck Norris, un personaggio davvero formidabile (Se l'ho dipinto a tinte troppo positive perdonatemi, ma mi ha rapito sin dall'inizio). Ricordatevi, naturalmente, della sempre costante mutevolezza.
John Locke: anche lui, sin dalla prima puntata, si impone prepotentemente per la sua saggezza, le sue doti di esperto cacciatore nonché estremo conoscitore della natura e delle sue proprietà; voglio solo dirvi di tenere d'occhio questo personaggio, poiché sarà un punto focale della trama della serie. E' inoltre il primo personaggio che creerà un certo "legame" con l'isola, e qui mi fermo.
Hugo "Hurley" Reyes: ed eccolo qui, il "grande" (di nome e di fatto) Hurley, forse il personaggio più ironico della serie, il tipico omaccione oversize sempre gentile e premuroso con tutti, disposto ad ascoltare e dare sempre parole di conforto. Non potrete non innamorarvene. E la sua storia, fidatevi, è pazzesca.
Mi fermo qui con i personaggi, perché, anche se ve l'ho già detto, i personaggi sono tantissimi, e ad ogni stagione ce ne sono di nuovi! Il mio obiettivo era stuzzicare la vostra curiosità, e credo che quelli che vi ho descritto bastino e avanzino nell'intento.
Ma perchè Lost è considerata una serie piena di "stranezze"? Carissimi, il fenomeno Lost ha avuto un'eco talmente vasta che dalle sei stagioni complessive è nata una vera e propria mitologia lostiana, che comprende luoghi, strani avvenimenti che sembrano possibili solo sull'isola, assurde apparizioni e tanto altro ancora; per dirvene una senza cadere nello spoiler, ad un certo punto della prima stagione voi e Jack vi troverete davanti ad un orso polare (nel bel mezzo di un'isola tropicale).
La prima importante creatura di J.J. Abrams, come potete constatare, è una produzione mastodontica, che non raramente ha creato problemi ai produttori per l'accavallarsi di misteri irrisolti e interrogativi da sciogliere... Con abile maestria però si può dire che quasi tutti i nodi verranno al pettine, e rimarrete davvero soddisfatti quando riuscirete a godervi l'ultima puntata della sesta stagione. L'aver finito di vedere Lost creò in me un vuoto allucinante, dimostrazione della completa riuscita di una serie tv con i controcazzi.
Consigli per l'uso: se siete arrivati a leggere fino a questo punto, vuol dire che vi interessa davvero anche solo provare a iniziare a vederla, ottimo! Perciò permettetemi, da umile ma appassionato seguace di serie tv, di darvi un unico grande consiglio su Lost: tenete sempre d'occhio ogni avvenimento e, sopratutto dalla quarta e quinta stagione, i vari filoni temporali, che diverranno più intricati di quanto non lo erano inizialmente.
Detto questo, non mi resta che augurare una splendida visione a coloro che si approcceranno a questo capolavoro! Per coloro che invece hanno già depositato nel loro archivio mentale questa serie tv, non esitate a condividere i vostri pareri!
Con questa scena presa dai Griffin di Jack in preda a svarioni post funghi allucinogeni vi saluto e vi aspetto alla prossima! A presto,
Salve a tutti cari lettori!!! Mi presento, sono Mr. Geta, un grande, grandissimo (forse troppo) appassionato di serie tv; naturalmente adoro anche il cinema, ma credo che il fascino di una serie tv sia impagabile, per una serie di motivi che spero di poter condividere con chiunque sia disposto a sentire le mie chiacchiere! Prima di continuare vorrei però ringraziare Mikoski e Boris per la concessione di questo spazio (uno dei due è il mio coinquilino, ma chiariamo, non sono raccomandato, lo allevo con tanto amore e rumori molesti ogni giorno) e prometto loro che, forse, non sparerò troppe minchiate.
Passando ai fatti, a questo punto la vostra domanda cardine che renderebbe vano tutto ciò che potrei scrivere è: Mr. Geta, ma perchè cavolo dovrei cominciare a guardare una qualsiasi serie tv, perdendo tempo e altro ancora? La mia risposta è sempre la stessa (questa domanda mi è stata posta parecchie volte); guardare una serie tv è come leggere un buon libro, pochi con una minima base culturale direbbero che leggere è una perdita di tempo..Ebbene guardare una serie tv equivale a essere catapultati in quella storia, che, se accattivante, riesce a prendere in una maniera tale da rendere difficile il distacco una volta finita. Il punto di forza delle serie tv è infatti, rispetto ad esempio ad un film, la lunghezza, la possibilità di descrivere al meglio le mille sfaccettature di una storia o dei suoi personaggi..Fidatevi, se sarete presi da una serie tv difficilmente riuscirete a farne a meno (naturalmente attenti alla dipendenza, la cocaina in confronto è una caramella Rossana della nonna) e le avventure dei personaggi diventeranno le vostre.
Detto questo, non ho la presunzione di dire che le mie saranno recensioni, ma solo un modo di condividere il mio punto di vista e magari trasmettere una delle mie più grandi passioni a chi vorrà leggere ciò che ho da dire o si troverà a farlo, forse perchè strafatto o intenzionato a perdere tempo sulla tavoletta del cesso. Con questa inebriante visione vi saluto, vi ringrazio per l'attenzione, e vi aspetto per scoprire insieme, a breve, la prima tappa di questo viaggio!
Oggi è la volta di Carnage, un film del 2011 diretto da Roman Polanski, tratto dalla commedia Le Dieu du Carnage della scrittrice e drammaturga Yasmina Reza e interpretato da Jodie Foster, Kate Winslet, Christoph Waltz e John C. Reilly.
“L’11 gennaio alle 14:30 in seguito ad un battibecco al Brooklyn Bridge Park, Zachary Cowan, di undici anni, armato di che aveva un bastone, ha colpito nostro figlio Ethan Longstreet in faccia. Questo suo gesto oltre alla tumefazione del labbro superiore gli ha provocato la rottura dei due incisivi e ha compromesso il nervo dell’incisivo destro.”
Riportare l’incipit del film per spiegarne la trama non poteva che essere la soluzione più opportuna visto che la l’azione è limitata solamente a questo (tra l’altro sintetizzata in un campo totale che ha anche la funzione di contenere i titoli di testa).
I genitori dei bambini trascorreranno l’intera mattinata nel discutere in maniera civile (prima) e indecente (poi), abbandonando il velo di apparenza (mazzo di tulipani da 20$, vestirsi da intellettuale progressista) e rivelandosi come sono realmente (mediocri, ipocriti e meschini).
La vicenda si svolge interamente nel salotto di casa Longstreet, ma, con l'aiuto di specchi e lenti adatte, l'ambiente non è per niente angusto
Questo lungometraggio, nonostante la durata di appena 79 minuti, tempo irrisorio visto gli standard dei nostri giorni, è un concentrato di critiche della società occidentale che, grazie alle più che convincenti interpretazioni degli unici quattro personaggi ben caratterizzati, descrive a 360° la lotta borghese.
I dialoghi sono serrati e curati nel dettaglio, il linguaggio è decisamente forbito visto lo stato sociale delle due famiglie (operatore finanziario, avvocato di fama, scrittrice). Tutto questo mantiene alta l’attenzione e l’evoluzione del contesto diverte.